Cronache

Così la sinistra strumentalizza Papa Francesco

La sinistra e Papa Francesco: un connubio che si alimenta di giorno in giorno. Ma il capo della Chiesa resta un cattolico e non un comunista

Così la sinistra strumentalizza Papa Francesco

Papa Bergoglio e la sinistra italiana: un connubio che sembra alimentarsi di giorno in giorno. A metà dell'ottobre scorso, Luigi Berlinguer ha definito Francesco un "riferimento per la sinistra". Nello specifico, l'ex ministro dell'Istruzione del primo governo Prodi, ha dichiarato che il Papa è "...un boato, un punto di riferimento dal quale non possiamo prescindere". E nel pantheon della sinistra italiana, il Papa c'è finito davvero. Tant'è che molta stampa progressista ha dedicato speciali, approfondimenti ed elogi ad un'istituzione - quella del papato - che da quelle parti è sempre stata combattuta e osteggiata. Si pensi solo alle innumerevoli battaglie per il superamento del Concordato in nome della laicità promosse dai massimalisti per un cinquantennio o all'anticattolicesimo tout court. Le interviste di Scalfari, la tessera offerta dai radicali, la collaborazione del Centro Astalli con Emma Bonino per la campagna "Ero straniero - l'umanità che fa bene", gli elogi di Francesco al presidente Napolitano e alla stessa ex ministro degli Affari Esteri del governo Letta, la centralità dei migranti nella pastorale pontificia, la prefazione del Papa al libro del ministro Fedeli sull'educazione scolastica: tutti indizi che costituirebbero la prova inconfutabile della contiguità culturale tra il capo della Chiesa cattolica e il progressismo made in Italy. Ma è realmente così? Francesco può davvero essere eretto a leader immaginifico del centrosinistra contemporaneo? Oppure quella della sinistra è un'operazione tesa ad iconizzare la figura papale, anche in funzione di un ritorno elettorale?

Prescindendo dalle discusse e dibattute svolte aperturiste del Papa in materia teologica e dai suoi rapporti con i leader della politica nazionale e internazionale, risulta alquanto improbabile che, improvvisamente, cattolicesimo e postmarxismo vadano d'amore e d'accordo. La direttrice del Manifesto, Norma Rangeri, ha spiegato così la scelta di allegare al suo quotidiano un libro contenente i discorsi del Papa ai "movimenti popolari", convocati per tre volte durante questo pontificato:"Sentiamo nostri questi messaggi del papa e vogliamo portare ai nostri lettori la radicalità e la semplicità di queste sue parole. […] Lì c'è un'idea nuova di politica, il papa cita anche Esther Ballestrino de Careaga, per la sua concezione della politica. È una comunista di origini paraguayane". Il Fatto Quotidiano, poi, in un articolo molto dettagliato, ha messo in rilievo "l'autorevolezza" di Francesco "sullo scenario mondiale": "Bergoglio è un uomo coerente nella sua vita evangelicamente semplice e nel suo programma di governo" - ha scritto Francesco Antonio Grana - "E questo mette in seria difficoltà i suoi critici che non possono puntare il dito contro un Papa che richiama spesso l’attenzione sui bisogni dei poveri, condannando la corruzione, le tangenti e le raccomandazioni, e vive in un bilocale di 70 metri quadrati". Sembrerebbe quasi di poter dire, insomma, che, dato il quantitativo di simpatie suscitate a sinistra, il papato sia diventato il centro di tutte le lodi provenienti dal megafono radical chic.

Ma Papa Francesco non è comunista per sua stessa ammissione: "È stato detto che l'opzione preferenziale per i poveri fa di me un comunista, ma non è così. Questa è una bandiera del Vangelo, non del comunismo. La povertà è senza ideologia. I poveri sono al centro dell'annuncio di Gesù, basta leggerlo". Frasi che conforterrano chi dubita del fatto che il Papa, prima ancora che un esponente politico-culturale, resta un cattolico e, soprattutto, rimane la più alta autorità religiosa del cattolicesimo. Quello contro cui la sinistra italiana si è scagliata da sempre, salvo assumere nel tempo quella curiosa forma, genericamente definita "cattocomunista", che è risultata essere molto utile per aderire contemporaneamente al marxismo economico e all'universalità dogmatica del cattolicesimo. Il cortocircuito vero e proprio tra la sinistra italiana e le simpatie espresse verso il papato, però, avviene in ambito biotetico. Papa Bergoglio, infatti, ha definito la teoria del gender "un grande nemico". Quella stessa teoria che il ministro Fedeli pare volesse importare nelle scuole italiane. Sempre in riferimento ad argomenti di carattere bioetico, poi, sarà difficile per la sinistra sostenere che il Papa convenga nel merito con il Ddl Cirinnà o con il progetto della stessa parlamentare del Pd di equiparare il matrimonio eterosessuale a quello omosessuale. Stesso discorso, ancora, sulla legge sul testamento biologico. Risulterà altrettanto complicato ipotizzare che Bergoglio la pensi come la Bonino sull'aborto e sull'eutanasia.

Il Papa ha un lato conservatore difficilmente compatibile con i desiderata dei sinistri: la concessione ai lefebvriani di poter celebrare le nozze (un gesto storico che Ratzinger non aveva compiuto), l'avvicinamento costante a Mosca e al mondo dell'ortodossia, la posizione sul conflitto in Siria, riguardo la quale Bergoglio ha parlato di "interessi multipli", dimostrandosi non esattamente allineato alla prevalente narrativa liberal anti Assad. Interventi facenti parte di macroinsiemi molto diversi, ma tutti accomunati dal fatto d'essere naturalmente distanti dall'universo culturale della sinistra italiana. Sui migranti, infine, sarà bene sottolineare come anche papa Francesco, il Papa dell'accoglienza, abbia detto parole difficilmente strumentalizzabili: "Riceverli, integrarli ma anche fermarli se i numeri divengono insostenibili". E ancora, sempre il Papa, ha dichiarato esattamente come Benedetto XVI che:"Assieme al diritto di poter emigrare, deve essere garantito anche il diritto di non dover emigrare".

Se la sinistra italiana, insomma, pone al suo vertice il capo della religione cattolica, con tutto ciò che questa scelta comporta, questa sinistra è davvero messa male.

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