Cronache

Cosenza, migranti prelevati dai centri di accoglienza e sfruttati come braccianti

Migranti prelevati all'alba dai centri di accoglienza e impiegati come braccianti per meno di due euro l'ora: emmesse 14 misure cautelari nel cosentino per i reati di sfruttamento e truffa. Il procuratore di Cosenza: "Cas fanno ciò che vogliono"

Cosenza, migranti prelevati dai centri di accoglienza e sfruttati come braccianti

Prelevati all’alba dai centri di accoglienza di Camigliatello Silano, in provincia di Cosenza, e portati a lavorare come braccianti e pastori sull’altopiano della Sila. Per mesi, una trentina di richiedenti asilo di nazionalità principalmente senegalese, nigeriana e somala, ospiti di due centri di accoglienza straordinaria, venivano sfruttati per 10 ore al giorno, con paghe da fame, con la complicità dei responsabili dei centri.

Richiedenti asilo sfruttati nei campi per meno di due euro al giorno

A far scattare le indagini, lo scorso settembre, è stata la denuncia di un nigeriano ospite di una delle strutture. Secondo le testimonianze dell’uomo, poi verificate tramite riprese ed intercettazioni, è emerso che i richiedenti asilo erano costretti a lavorare nei campi di fragole e di patate dell’altopiano della Sila cosentina appartenenti a numerose aziende agricole locali, oppure a badare agli animali da pascolo, per non meno di dieci ore al giorno, dalle 6 del mattino alle 17 circa. I migranti venivano retribuiti dai titolari delle aziende con 15 o al massimo 20 euro, meno di due euro l’ora, ovviamente in nero, per ogni giornata di lavoro. Dal lavoro degli investigatori è emerso, inoltre, che i responsabili dei centri di accoglienza minacciavano chi tentava di ribellarsi allo sfruttamento. Chi si fermava per riposare o era troppo lento nel raccogliere patate e zucchine veniva schiaffeggiato e preso a calci. Ma il resoconto dei carabinieri ha dell’assurdo. Secondo quanto riferito dal comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, colonnello Fabio Ottaviani, nel corso della conferenza stampa relativa all'operazione "Accoglienza", il proprietario di una delle aziende agricole che sfruttavano i migranti continuava a impartire ordini ai richiedenti asilo anche mentre i militari dell’Arma gli stavano notificando l'ordinanza emessa nei suoi confronti per caporalato e truffa. “Infastidito” dai carabinieri l’uomo continuava, infatti, a incitare i migranti “perché dovevano raccogliere le fragole che altrimenti si sarebbero deteriorate".

Responsabili dei centri accusati di sfruttamento e truffa

Ora, 14 persone oggetto delle misure cautelari eseguite stamane dai carabinieri di Cosenza, tra cui il presidente e i due responsabili dei centri di accoglienza, dovranno rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, abuso d'ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Sì, perché oltre a sfruttare i migranti, i responsabili delle strutture manipolavano anche i fogli presenza dei richiedenti asilo, per continuare ad ottenere i finanziamenti - circa 35 euro al giorno per ogni migrante - previsti dalla legge per le attività di accoglienza. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza, Salvatore Carpino, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha disposto stamattina per i 14 indagati 2 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 8 obbligo di dimora.

Il procuratore di Cosenza: "Riflettere sul ruolo dei centri di accoglienza"

Per la prima volta sul territorio nazionale, ha detto in conferenza stampa il procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo, è stata applicata la nuova legge sul caporalato. Ai destinatari delle misure cautelari è stato contestato, infatti, il nuovo reato di "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro".

"Il dato è che c'è un sistema di controlli che consente a chi gestisce questi centri di accoglienza di fare ciò che vogliono", ha commentato, infine, il procuratore di Cosenza che ha invitato a "riflettere sul ruolo che devono avere i centri di accoglienza e su queste persone che sfruttano i lavoratori, al di là di chi sia la persona offesa”.

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