"Ecco perché tanti contagiati fanno ancora fatica a guarire"

Il professor Remuzzi spiega che ci sono persone a casa da mesi, con sintomi respiratori e febbre altalenante: è una malattia che sembra non finire mai. La prossima sfida? "La gestione di queste persone"

"Ecco perché tanti contagiati fanno ancora fatica a guarire"

Qualcosa nel virus Sars-CoV-2 sembra essere cambiato. Ne è convinto il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, che in un'intervista al Corriere della Sera ha rivelato: "Forse siamo di fronte a una riduzione della carica virale". A dimostrarlo ci sarebbe il calo dei ricoveri giornalieri per Covid-19 negli ospedali, passati dagli 80-120, "tutti con grandi difficoltà respiratorie", a zero.

Sembra, quindi, che sia cambiato il modo in cui il nuovo coronavirus si manifesta, forse a causa di un cambiamento nella carica virale: "Quando è molto elevata, la malattia di solito è grave- spiega il professor Remuzzi- Ora non succede più, non come prima, almeno. Al punto che gli studi italiani sui farmaci per combattere il virus sono in difficoltà perché non si trovano più malati". Ora, il virus, non raggiunge più i polmoni, dove ha provocato gravi danni nei mesi passati, ma sembra fermarsi nelle alte vie respiratorie, comportamento che potrebbe dipendere "da una carica virale inferiore".

Ma cosa può aver causato questo cambiamento? Secondo l'esperto, le mascherine, unite al distanziamento e al lavaggio frequente delle mani "sono la prima ragione di questo affievolimento". Un'altra spiegazione, invece, potrebbe essere legata al fatto che "a un certo punto le epidemia si esauriscono".

"Il virus uccide meno", aggiunge Remuzzi, precisando però, che adesso c'è "un altro genere di malati". Si tratta di "persone infettate in passato che stanno anche bene, sono curate a casa, ma hanno addosso una malattia che è diventata persistente e imprevedibile, che alterna sintomi respiratori ad altri come fragilità ossea, perdita di olfatto e sapori, stati febbrili altalenanti, e soprattutto sembra non finire mai". Questi pazienti fanno fatica a guarire. Si tratta di persone "a casa da cinque mesi in attesa dell’esito negativo del tampone", che si trovano in una sorta di "terra di mezzo": non sono ricoverate in ospedale, ma non possono nemmeno essere considerate completamente guarite. E, avverte l'esperto, la prossima sfida per l'autorità sanitaria "sarà la gestione e l’assistenza di questa intera popolazione", di malati a casa: "È su questo che si misurerà la nostra capacità di ripartire davvero".

Sulle misure attuate in questi mesi, il professore precisa: "Ci sono misure che trovo inutili, come i guanti e la sanificazione, che serve solo negli ospedali. Negli altri posti, basta lavare bene gli oggetti, come si dovrebbe fare sempre". Allo stesso modo, anche il tamponamento di massa non è considerato necessario, perché si tratta di un esame che andrebbe usato per scopi precisi, "come la protezione degli operatori sanitari, degli anziani nelle Rsa e delle persone a contatto continuo con il pubblico". Remuzzi si dice contrario anche alla mancata riapertura delle scuole: "Chiuderle subito era un provvedimento logico, di buon senso. Ma adesso non c’è alcuna ragione per non riaprirle".

Infine, sull'utilizzo dei farmaci antivirali, il professor Remuzzi conferma: "Non

funzionano. Ormai è dimostrato. Il discorso sull’idrossiclorochina è stato chiuso dallo studio di Lancet su 96mila pazienti che dimostrava effetti collaterali importanti non solo su chi ha anomalie del ritmo cardiaco".

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