Coronavirus

Covid-19, triplicati i morti per infarto. Ma è tutta colpa del virus?

Triplicati gli infarti in Italia nel mese di marzo rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: ospedali quasi interamente dedicati ai casi Covid-19 e pazienti che hanno paura di contrarre il virus e rinunciano alle cure. Ma il virus è anche conseguenza diretta di molti decessi per infarto, fino al 27% dei casi. Ecco cosa dicono gli studi

Covid-19, triplicati i morti per infarto. Ma è tutta colpa del virus?

Più passano i giorni, più si scopre che il maledetto Covid-19 è anche tanto altro rispetto ad un "semplice" virus respiratorio che attacca i polmoni. In questo senso, numerosi studi stanno mettendo in luce quanto Sars-Cov-2 incida sullo sviluppo di un infarto (nella maggior parte dei casi si tratta di miocardite acuta) e di come, spesso, possa risultare fatale.

In attesa che vengano pubblicati nuovi dati con i legami tra il Covid-19 e gli infarti su una delle più prestigiose riviste cardiologiche mondiali, l'European Heart Journal, la rivista ufficiale di cardiologia generale della European Society of Cardiology, la principale pubblicazione per la medicina cardiovascolare che copre sia gli aspetti clinici che scientifici, possiamo analizzare due situazioni simili ma, allo stesso tempo, differenti: il numero dei morti in Italia per infarto, triplicato in quest'ultimo periodo, e l'andamento generale della malattia nei confronti del cuore, come ed in che modo il virus attacca il sistema cardiaco.

Triplicati gli infarti in Italia: ecco la spiegazione

Non è soltanto colpa del virus, o quantomeno, lo è in maniera indiretta: uno studio condotto dalla Sic (Società Italiana di Cardiologia) su 54 ospedali, in corso di pubblicazione sulla prestigiosa rivista European Heart Journal, mostra come in Italia si siano triplicate le morti per infarto passando dal 4,1% al 13,7 % rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (12-19 marzo). Una spiegazione c'è, e prova a darla il presidente di Sic, Ciro Indolfi, con due motivazioni ben precise. "L’organizzazione degli ospedali e del 118 in questa fase è stata dedicata quasi esclusivamente al Covid-19 e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi - spiega all'Agi - Inoltre, per timore del contagio, i pazienti ritardano l’accesso al pronto soccorso ed arrivano in ospedale in condizioni sempre più gravi, spesso con complicazioni aritmiche o funzionali, che rendono molto meno efficaci le terapie che hanno dimostrato di essere salvavita come l’angioplastica primaria". Insomma, un concorso di colpe: meno spazio a chi soffre di malattie cardiovascolari e la paura dei pazienti di recarsi nelle strutture ospedaliere per paura di contrarre il virus. Il rischio, adesso, è enorme. "Se questa tendenza dovesse persistere e la rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19", afferma Indolfi senza mezzi termini. Una delle autrici dello studio, Carmen Spaccarotella, sostiene che l'aumento dei decessi sia "dovuto, nella maggior parte dei casi, ad un infarto non trattato o trattato tardivamente" perché il tempo tra l’inizio dei sintomi e la cura effettiva da parte dei medici "è aumentato del 39%".

Cosa dice la Fondazione Veronesi. Come si legge sul magazine FondazioneVeronesi, la paura per il Covid allontana i pazienti dall'ospedale. Un problema non da poco, che nel futuro prossimo rischia di "portarci a constatare che, nel picco della pandemia di coronavirus, tante persone sono morte anche a causa di altri problemi di salute", ha dichiarato Paolo Veronesi nel corso del primo seminario su internet del ciclo "Verso il Futuro", organizzato dalla Fondazione. Da Nord a Sud, in tutte le regioni, c'è un netto calo degli interventi di angioplastica primaria rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Fino al 27% di infarti causati da Covid-19

A parte il caso italiano, in generale Covid-19 attacca spesso il cuore provocando miocarditi acute che spesso risultano fatali. Il Giornale Italiano di Cardiologia ha raccolto i dati provenienti da studi effettuati su pazienti cinesi dal titolo "Nuove acquisizioni sulla gravità del danno cardiaco acuto in corso di COVID-19" ed è emerso che una percentuale compresa tra il 19% ed 27% dei pazienti ospedalizzati con forme moderate o gravi di Covid-19, ha sviluppato un danno miocardico acuto causato dall'innalzamento dei valori di troponina (enzimi di natura proteica presenti nel muscolo scheletrico e cardiaco). Il 50-60% di questi pazienti è poi andato incontro a decesso. Il tasso di mortalità più elevato è stato evidenziato tra pazienti con livelli progressivamente maggiori di troponina e con malattie cardiovascolari pregresse.

Ecco i numeri mondiali. A tal proposito, sul British Medical Journal è riportato il caso di 113 pazienti deceduti con Covid in ospedali cinesi ed il 77% di loro aveva sviluppato un danno miocardico acuto. A conferamare lo studio, altri due pubblicati sulla rivista scientifica Jama Cardiology che ha analizzato i dati delle cartelle cliniche di 416 pazienti afferenti ad un ospedale accademico di Wuhan, individuato dal governo cinese come uno dei centri deputati a ricevere casi moderati e gravi di malattia. In questi pazienti, l’incidenza di danno miocardico acuto, definito dal riscontro di un innalzamento della hsTnI (troponina ultrasensibile, ndr) oltre il 99°% del limite superiore di riferimento, è stata del 19.7%. In un secondo studio su 187 ricoverati per infezione da Covid-19, si è evidenziato un danno miocardico nel 27,8% dei casi. Anche in questo caso, la mortalità in ospedale di questo gruppo era molto più alta (59,5%, ma arrivava al 69,4% nei pazienti con cardiopatia ischemica preesistente), rispetto a quella dei pazienti senza evidenza di danno miocardico in base al dosaggio di troponina (8,9%).

Ondata di infarti post-pandemia?

"Potenzialmente, l'epidemia di COVID-19 porterà anche ad un aumento delle complicanze a lungo termine dei pazienti con Cvd (malattie cardiovascolari, ndr) come l'insufficienza cardiaca in entrambi i pazienti infetti da SARS-CoV-2 e quelli che non sono infetti ma che sono stati trattati in modo subottimale durante la pandemia". È questa l'ipotesi tutt'altro che rosea che si legge su un articolo pubblicato l'8 maggio sull'European Heart Journal che ne spiega le ragioni. L'idea che malattie cardiovascolari preesistenti (Cvd) aumentino fortemente i tassi di mortalità per Covid-19 è importante ed è dovuta ad almeno due cause: la prima, è la presenza di altre patologie pregresse come il cancro e le malattie immunocompromesse che, probabilmente, aumentano i tassi di mortalità in molte malattie infettive tra cui SARS-CoV-2; l'altra riguarda l'Ace 2 che è la proteina che il virus utilizza com bersaglio per infettare le cellule sane, che avrebbe un ruolo fondamentale nello scatenare le miocarditi. Anche sulla rivista scientifica, però, viene sottolineato come la paura di recarsi in ospedale unito ad un trattamento non ottimale nelle strutture sovraccariche di casi Covid-19, può portare ad un'ondata di nuovi casi di pazienti con Cvd, in particolare quelli con insufficienza cardiaca.

tabella infarto

Nasce il "Capacity Covid": ecco cos'è

Poco più di un mese fa è nato un registro europeo che accelera la conoscenza del ruolo delle malattie cardiovascolari nella pandemia da Covid-19, una raccolta di dati standardizzati e coordinati su larga scala di fondamentale importanza. Il servizio è stato lanciato il 23 marzo con lo scopo di raccogliere dati relativi all'anamnesi cardiovascolare, alle informazioni diagnostiche ed al verificarsi di complicanze cardiovascolari nei pazienti con il virus. Raccogliendo queste informazioni in modo standardizzato, Capacity può aiutare a fornire maggiori informazioni sull'incidenza di complicanze cardiovascolari nei pazienti con Covid-19, la vulnerabilità ed il decorso clinico nei pazienti con una malattia cardiovascolare già esistente. Tutti i pazienti con un'infezione altamente sospetta o accertata con Sars-Cov-2 possono essere inclusi in questo programma.

Il registro si basa sul Case Report Form (Crf) rilasciato dal Consorzio Internazionale delle Malattie Respiratorie Acute ed Emergenti (Isaric) e dall'Oms.

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