Crisi dell'ex Ilva, azienda dell'indotto non paga gli stipendi

L'annuncio della Gamit è il primo riflesso della crisi conseguente al disimpegno di Arcelor Mittal dal siderurgico di Taranto

Crisi dell'ex Ilva, azienda dell'indotto non paga gli stipendi

Iniziano a registrarsi le prime ripercussioni sulle aziende dell'indotto siderurgico dopo la decisione di Arcerlor Mittal di recedere dal contratto di fitto dello stabilimento di Taranto, il più grande d'Europa.
Una ditta che opera nel sistema degli appalti ex Ilva ha annunciato l'impossibilità di continuare a pagare gli stipendi ai suoi dipendenti.

Siamo spiacenti comunicare che la scrivente azienda allo stato è impossibilitata ad erogare in data 13.11.2019 gli emolumenti di ottobre” si legge in una nota. Oggi, quindi, giornata di pagamenti, la Gamit (è questo il nome dell'azienda in questione), con ogni probabilità, non potrà pagare i suoi operai. E' quanto sostanzialmente si evince, infatti, del testo della lettera che questa mattina l’azienda ha spedito ai sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm. La Gamit non erogherà, pertanto, le retribuzioni spettanti in questo mese perché, a sua volta, non si è vista saldare le fatture dalla multinazionale franco-indiana ArcelorMittal per i lavori effettuati nello stabilimento siderurgico. È la prima azienda che comunica ufficialmente lo stop agli stipendi mentre altre imprese hanno già reso nota ai sindacati la necessità di ricorrere alla cassa integrazione avendo cantieri fermi a causa del disimpegno di ArcelorMittal.

L'ultimo acquirente dell'ex Ilva, quindi, non solo vuole recedere dal contratto di fitto (con obbligo di acquisto degli impianti), ma pare non abbia ancora saldato i lavori effettuati dalle aziende dell'indotto che contribuiscono, in maniera determinante, al funzionamento stesso della fabbrica.

Intanto ieri i legali della multinazionale hanno depositato l'atto di citazione presso il tribunale di Milano nei confronti dell'amministrazione straordinaria di Ilva.

"Vogliono mollare tutto" ha dichiarato alla stampa il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Il primo cittadino ha aggiunto di non avere notizie circa il nuovo incontro tra la famiglia Mittal, a capo del colosso dell'acciaio, e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. "Era stato annunciato per l'inizio di questa settimana, poi - dice il sindaco di Taranto - non ho saputo più nulla. Forse domani potremmo avere qualche notizia in più. Riscontro invece che ArcelorMittal ha depositato l'atto di recesso dal contratto di gestione e di fitto della fabbrica".

Il tirarsi indietro di Mittal sta già portando a dei riflessi nell'indotto, oltre ai 5mila esuberi annunciati dall'azienda sugli operai della produzione. La Gamit, come dicevamo, non è l'unica azienda che rischia di non pagare i suoi dipendenti. "Il dramma che stanno vivendo migliaia di lavoratori dell'ex Ilva di Taranto, potrebbe coinvolgere anche i dipendenti dell'azienda 'Sanac' di Massa, legati a doppio filo alla delicata questione tarantina. Auspico fortemente che il governo nazionale trovi, dunque, un'adeguata soluzione alla forte criticità creatasi e che, quindi, i lavoratori massesi non debbano sopportare pesanti conseguenze dalla rovinosa fuga di Arcelor Mittal dall'importante sito industriale pugliese" ha dichiarato il senatore Manuel Vescovi della Lega, facendo riferimento alla Sanac, un'altra azienda dell'indotto siderurgico.

"Come Lega - precisa Vescovi - faremo di tutto perché la questione venga risolta, salvaguardando appieno i moltissimi posti di lavoro sia quelli diretti che pure quelli derivanti come indotto".

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