Qualcosa lega il vicepreside pestato da un padre a scuola, i controllori minacciati sui treni, il carabiniere massacrato in manifestazione e la giovane arbitro presa a calci da un tifoso. Dietro l'animalesco moltiplicarsi di aggressioni che sembrano non seguire altro filo (il)logico se non quello di una brutalità contagiosa, c'è invece un fenomeno preoccupante perché ammantato di propositi «libertari», ovvero il rifiuto sistematico e l'offesa impunita di qualsiasi forma di autorità.
Scriveva Oscar Wilde che per ogni uomo che esercita l'autorità se ne troverà sempre uno che vi si oppone. Ma cosa succede se gli oppositori diventano maggioranza? Se - come in un romanzo di Saramago - improvvisamente nessuno obbedisce più a nessuno, ai semafori, alle leggi, al buonsenso, alla morale? Semplice, c'è una sovversione. Che può avere motivazioni nobili (la rivoluzione contro un tiranno, la conquista di diritti negati), sbagliate (un colpo di Stato) o semplicemente può non avere moventi se non il mediocre perseguimento di piccole prepotenze individuali. Ed è questo che sta capitando in Italia. Stiamo scivolando rassegnati verso la sommossa permanente dei bulli, verso una giungla di miserabili, beceri egoismi rivendicati con la violenza.
Di chi sia la colpa è difficile stabilirlo, ma esiste un retroterra culturale diffuso che di fatto giustifica non gli ideali dell'uomo in rivolta di Camus, ma le pulsioni dell'omuncolo in rivolta. Si è passati rapidamente da un mondo in cui l'autorità era semi-divina, come ai tempi del Re Sole, a un soqquadro post-ideologico e post-razionale in cui non ci si ferma alla legittima e doverosa denuncia dell'autorità tradita - le tangenti, gli scandali, gli abusi -, ma si generalizza trascinando tutto nel brago, colpevoli o no. Tutti i politici sono ladri, tutti i poliziotti sono bastardi, tutti gli arbitri cornuti, tutti gli scienziati al soldo delle case farmaceutiche, tutti i ricchi evasori. Tutti indegni, nessun rispetto. Né della persona, né del ruolo.
Dire che i 5 Stelle sono i mandanti morali di un delinquente che picchia un professore è demenziale quanto i complotti sulle scie chimiche. Ma ai grillini spetta la paternità intellettuale di una dilagante forma mentis che disprezza le competenze in nome di un egualitarismo al di sopra dei ruoli e dei meriti. L'«uno vale uno» zavorra pericolosamente il sistema verso il basso. Dai vaccini al fuorigioco alla seconda declinazione latina, ognuno pretende di avere ragione anche su chi ne sa più di lui. Come un passeggero che si convince della rotta sbagliata e fa fuori il pilota. Finendo ovviamente per far schiantare l'aereo e se stesso.
Ma il grillismo demagogico attecchisce solo perché l'humus è fertile. E la responsabilità è di un'intera società sempre meno disponibile alla gerarchia e al senso del dovere; di una certa accondiscendenza ribellista verso chi si oppone a qualsiasi comando. A forza di considerare l'autorità un rudere antidemocratico e la disobbedienza un valore a prescindere, ci stiamo accorgendo di quanto questo assiduo lavorio di demolizione delle fondamenta stia facendo vacillare l'intero consesso civile. Si è passati da «né Dio, né Stato» a «né arbitro, né insegnante, né poliziotto».
Gli appelli non servono a nulla se non a chi li sottoscrive, e di sicuro un appello a recuperare il senso civico del rispetto dell'autorità suonerebbe ridicolo. Ma solo così si può invertire una tendenza deprimente dove i rivoluzionari di oggi non sono il Terzo Stato in marcia verso liberté e egalité ma un caravanserraglio di maleducati e ignoranti in lotta per un voto alto al figlio o per un viaggio senza biglietto. È anche questo un «fascismo», come è di moda dire: l'arrogante ritorno dell'homo homini lupus convinto di vivere in un mondo in cui - dato che si può scrivere qualsiasi cosa sui social - si possa anche imporre qualsiasi cosa al prossimo.
Neppure gli anarchici avevano mai teorizzato un caos del genere.
Come andrà in futuro è lasciato alla coscienza di ognuno, se scegliere ciceronianamente tra il potere del popolo o l'autorità del Senato. Il Senato volevamo cancellarlo per riforma e alle urne si presenta un partito che si chiama «Potere al popolo». Forse la scelta l'abbiamo già fatta ed è troppo tardi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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