Falsificano i permessi di soggiorno, ma la fanno franca così
6 Maggio 2022 - 15:41Cinque consulenti del lavoro sono accusati di aver agevolato il rilascio di decine e decine di permessi di soggiorno tramite documentazioni false, ma il processo sta per andare in prescrizione
Cinque consulenti del lavoro sono accusati di aver agevolato, tramite documentazioni fittizie, il rilascio di decine e decine di permessi di soggiorno. Eppure, le accuse rischiano di cadere semplicemente perché il fatto sta per andare in prescrizione. È una storia che arriva da Prato, per un maxi-processo che conta sessantaquattro imputati a seguito di quindici arresti avvenuti nel 2016. Una maxi-operazione che, partita dal capoluogo laniero, portò a centinaia di perquisizioni da parte della guardia di finanza allargatesi a macchia d'olio a tutta Italia.
Il problema principale riguarda tuttavia il tempo: l'udienza preliminare si è tenuta infatti solo ieri, a quasi sei anni di distanza dall'operazione che ha portato alla luce un sistema di connivenze ben rodato fra professionisti italiani e cittadini cinesi. Riguardava in particolare un consulente del lavoro titolare di due studi, i suoi quattro dipendenti e cinquantanove cittadini orientali che, a vario titolo, avevano ottenuto i permessi di soggiorno falsi elaborati su buste paga, assunzioni o bilanci aziendali falsi. Intanto, il giudice per le indagini preliminari Francesca Scarlatti ha rinviato a processo quarantacinque imputati con le accuse di truffa all’Inps, falso ideologico, induzione alla falsità ideologica di pubblico ufficiale e violazioni in materia di immigrazione clandestina.
Il gip ha anche accolto il patteggiamento di una dipendente orientale e assolto, con rito abbreviato (per non aver commesso il fatto) una delle impiegate dello studio. Secondo l’accusa, i due studi professionali gestivano autonomamente le pratiche per il rinnovo dei permessi di soggiorno. A fronte di un compenso che poteva arrivare sino a 1800 euro per pratica, fornivano i "kit" (che constavano di tre buste paga e di un indirizzo di domicilio) che i richiedenti originari della Cina portavano in questura con la documentazione per il rilascio del permesso.
Solo che nella maggioranza dei casi la documentazione era fittizia: assunzioni mai avvenute, licenziamenti immediati, ditte nelle quali i richiedenti risultavano lavorare senza averci però mai messo piede. La prima udienza è stata quindi fissata per il febbraio del 2023, ma fra un anno e mezzo interverrà la prescrizione. La stessa che ha già fatto sì che sette imputati uscissero dal procedimento, oltretutto. Si profila insomma una vera e propria corsa contro il tempo.
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