La democrazia prigioniera del voto "sporco"

Il caso Quarto porta alla luce una scomoda verità: è impossibile controllare da dove arrivano i consensi. Ma quando emerge la provenienza, il proprio nome è compromesso

La democrazia prigioniera del voto "sporco"

Benvenuti a Quarto. Sono giorni che Renzi e Grillo, con i rispettivi partiti a fare il coro, si rinfacciano peccati e miserie. Voi siete marci. E voi di più. È una strana guerra tra attori vestiti da angeli che si tirano addosso palle di fango. O, se si vuole, vergini che si accapigliano in un bordello. L'effetto spesso è comico. Sotto il rumore degli insulti sta però spuntando fuori una questione che va al cuore della politica: come scegliere chi governa. Quarto sembra quasi una rivelazione. I voti puzzano, magari non sempre, ma qualche volta sì. E allora, tra vaffa e tintinnar di manette, ci si interroga su tutto quello che c'è sotto il tappeto della democrazia. Sorpresa: è sporco.

Come si fa a vedere da dove arrivano i voti? Come ci si difende? Quanto ti insozzano?Attenzione, qui non si sta parlando dei reati chiari, di chi compra i voti da mafiosi e camorristi, di chi una volta eletto paga il pegno con appalti, coperture e favori. Si spera che in questi casi procuratori e giudici facciano il loro dovere. No, la storia di Quarto sembra diversa, mette in gioco altro. Racconta di un sindaco, Rosa Capuozzo, che viene eletta in un paesotto in terra di Gomorra con quasi l'80 per cento dei voti. Poi si scopre che un suo consigliere, un certo De Robbio, anche lui a Cinque stelle, è accusato di aver dirottato voti di camorra sulla lista vincente. Prima fa pressioni al limite del ricatto sul sindaco e poi viene espulso dal movimento. Rosa, anche senza le 800 preferenze di De Robbio, avrebbe comunque vinto. Rosa Capuozzo non è indagata, ma il suo nome anche per i grillini ormai è compromesso. È l'onta del voto sporco. Brutta storia. In questi giorni grillini e renziani sostengono che questo è un peccato. E qui arriva la fragilità del consenso in Italia, e in gran parte del mondo per la verità. In un universo perfetto gli elettori sanno quello che fanno, votano perché coscienti del loro diritto, sanno che la sovranità appartiene al popolo ed è sacra, non puoi sputtanarla per 50 euro (tanto costano le preferenze al mercato della mafia) e neppure per un posto pubblico. Solo che la democrazia non è il paradiso. Non votano gli angeli.

Se alzi il tappeto della democrazia ci trovi la miseria dell'umanità. Questo non significa rinnegarla, ma fare i conti con quello che è. La democrazia è il campo e la regola dove ci si affronta per la conquista del potere. I padroni del gioco sono i grandi elettori, i collettori di voti, quelli che ti assicurano un pacchetto di azioni per sconfiggere gli avversari. La mafia è la più potente. Negli Stati Uniti ha portato alla Casa Bianca una leggenda come J. F. Kennedy, salvo forse farlo fuori quando si è sentita tradita. La mafia spesso è diretta, altre volte sceglie strade sue. Non è neppure sempre facile sbarazzarsi dei suoi voti velenosi. Rosa Capuozzo magari è stata ingenua, ma diamo per buono che non li ha richiesti. Facciamo un paradosso. Prendiamo come ipotesi che uno come Saviano, al di sopra di ogni sospetto, scelga di candidarsi (improbabile) da qualche parte. Come si comporta la camorra? La mossa più diretta è muovere i voti sul suo avversario, ma se vuole fargli male davvero dirotta il consenso su di lui, tanto con la sua popolarità vincerebbe lo stesso.

Ma con quei voti lo delegittima, lo sporca.Ok, il problema è quindi il voto mafioso. Magari. La realtà è che sporco è l'antico voto clientelare. Quello di certe province dove ti vendi per un pezzo d'asfalto o per un piano regolatore. È sporco, e penale, il voto di scambio, preferenze in cambio di lavoro. Era, ed è, sporco quello di Mafia Capitale, con gli affari su migranti e rom, in cambio di file ai seggi alle comunali e perfino alle primarie. Può essere sporco il voto delle grandi lobby che si fanno gli affari propri o quello dei palazzinari da mani sulla città. Meno male che c'è il voto d'opinione, quello nobile e vero. Si vota per un'idea, per un sogno, per un valore. Solo che a pensarci bene neppure questo è senza peccato. Il voto, per esempio, che permise a Hitler di appropriarsi di tutta la Germania era frustrato ma senza dubbio d'opinione, quella volta purtroppo un'opinione forte, radicata e senza compromessi. Non c'è scampo.Allora forse è il caso di fare i conti con i peccati della democrazia.

Non chiedersi soltanto da dove arrivano i voti, quelli che scelgono chi deve governare. Ma farsi un'altra domanda: come controllare chi comanda. È l'opposizione, non la maggioranza, il santo segreto, l'antidoto della democrazia.

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