Denuncia il figlio latitante e lo fa arrestare "Odiami pure, ma un giorno mi ringrazierai"

Una mamma fa la soffiata e poi scrive una lettera di spiegazioni al giovane

Denuncia il figlio latitante e lo fa arrestare "Odiami pure, ma un giorno mi ringrazierai"

Adesso non chiamatela mamma coraggio. Chiamatela mamma buonsenso. Chiamatela mamma speranza. Chiamatela mamma e basta. La storia la racconta il sito di informazione locale coratolive. Lei si chiama Daniela e ha 47 anni. Una donna forte malgrado i dolori e le difficoltà: il matrimonio fallito, un lavoro modesto ma dalla parte della legge (vigilante antitaccheggio in un negozio, quel figlio ventiquattrenne che passa da un reato all’altro, da un espediente all’altro. L’ultima, la fuga dalla casa in cui si trovava agli arresti domiciliari con l’accusa di spaccio di droga. Tre mesi di latitanza, poi la donna scopre che il figlio si trova a Terlizzi. E prende una decisione dopo giorni di travaglio e notti insonni. Va dai Carabinieri e fa la soffiata. «Un gesto necessario e inevitabile», come scrive la donna nella lettera aperta che è stata pubblicata dal sito pugliese in cui la donna racconta il suo tormento. Il 31 ottobre i militari arrivano in forze all’ospedale di Terlizzi, dove il figlio si trova, e lo arrestano. Lui reagisce compostamente, forse qualcosa aveva annusato. «Quella mattina ti eri accorto che qualcosa non andava. Forse leggevi nei miei movimenti l’ansia e l’angoscia che mi rendevano incerta e timorosa. Mentre mi avvicinavo a te, i nostri occhi sono immersi gli uni negli altri, quasi a fondersi in un unico sguardo e io mi sentivo come “Giuda” che tradì suo fratello... Ho abbassato il capo ti ho consegnato a chi ti stava cercando da troppo tempo». Il giovane si consegna ai militari che avevano promesso alla donna di non usare alcuna violenza («mentre ti circondavano e ti inducevano a mantenere la calma, io ti chiedevo perdono per quello che avevo fatto. Tu cercavi miei occhi ed io, con la morte nel cuore, cercavo i tuoi...») e finisce nel carcere di Trani. Non prima di aver sibilato più volte alla mamma: «Ti odierò per i resto della mia vita». «Odiami ragazzo mio - scive la donna - odiami finché vorrai... Io, al contrario, continuerò ad amarti con la stessa intensità di sempre e anche di più. Un giorno ammetterai che, in cuor tuo, era ciò che volevi anche tu: porre fine a questo supplizio. Forse mi vorrai incontrare e io avrò la conferma di essere una madre “fortunata” perché potrò ancora vederti, abbracciarti e parlarti». Daniela racconta l’episodio che più di ogni altro l’ha convinta ad agire come ha agito: «Anni fa morì un tuo carissimo amico, un fratello per te. Ricordo chiaramente le parole che sua madre mi sussurrò quando mi avvicinai a porgerle le condoglianze: “Daniela, avrei preferito andare in carcere a fargli visita per tutta la vita, almeno avrei potuto vederlo, abbracciarlo e parlargli ancora... Tu sei fortunata!”. Il non sapere dove stavi, come sopravvivevi, dove dormivi, chi potevi incontrare durante il tuo oscuro cammino, mi logorava da mesi.

Non c’era più pace nel mio cuore e nella mia testa, ero una candela la cui fiamma si stava spegnendo giorno dopo giorno, ora dopo ora». Ora quella candela si è riaccesa, alimentata dal fuoco di un odio che si confonde con l’amore.

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