Cronache

Prima diffama, poi non paga: così l’Anpi elude la giustizia

L'Associazione nazionale dei partigiani d’Italia etichettò come "modello SS" un’iniziativa della Caramella Buona, onlus anti-pedofilia: condannata si rifiuta di versare il risarcimento

Prima diffama, poi non paga: così l’Anpi elude la giustizia

A marzo l’Anpi è stata condannata per diffamazione aggravata per aver paragonato un’iniziativa della onlus anti-pedofilia La Caramella Buona al "modello SS". E oggi, a sette mesi di distanza dalla sentenza del tribunale di Reggio Emilia, l’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia non ha ancora versato il risarcimento di venti mila euro all’organizzazione non-profit, sostenendo di non avere in cassa i soldi per pagare l’indennizzo.

Tutto ha inizio cinque anni fa, quando l’onlus fondata e presieduta da Roberto Mirabile organizzò a Milano un evento di beneficenza insieme a Branca Comunitaria (dell’associazione di destra Lealtà Azione). L’iniziativa a tutela dei bambini e dedicata al contrasto della pedofilia e al sostegno delle vittime, finì nel mirino dell’Anpi, che vergò comunicati al veleno per attaccare la manifestazione. I partigiani definirono l’iniziativa "modello SS", scrivendo che "dietro alla Caramella Buona si nascondono gruppi di estrema destra […] dietro un’iniziativa si celano i neofascisti, la cui ideologia si pone in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza e con le leggi Scelba e Mancino". E ancora: "Chiediamo l’intervento delle istituzioni cittadine perché venga impedita questa ulteriore offesa. Le uniche caramelle buone sono quelle antifasciste. Dice il proverbio: mai accettare caramelle dagli sconosciuti. Anche dai nazifascisti".

La onlus presentò denuncia e questa primavera il giudice le ha dato ragione, condannando per diffamazione aggravata l’Anpi per "l’indubbia portata lesiva dell’immagine, dell’onore e della reputazione della Caramella Buona". "Finalmente inizia ad essere chiaro che nessuno può permettersi di diffamare impunemente e che non è consentito arrogarsi il diritto di dare patenti di democraticità ad altri. Bisogna fare attenzione all’uso delle parole, soprattutto quando sono ingiustamente rivolte a chi si batte ogni giorno, da ventitré anni, per i bambini vittime di violenze, come fa La Caramella Buona", il commento alla sentenza di Monica Nassisi, legale dell’onlus anti-pedofilia.

L’Associazione dei partigiani avrebbe dovuto corrispondere alla Caramella Buona un risarcimento pari a venti mila euro ma in questi sette mesi l’onlus non ha ancora visto un euro. E sapete perché? Come rende noto Libero, l’Anpi ha fatto ricorso alla Corte di Appello di Bologna chiedendo la sospensione della condanna, dicendosi impossibilitata a pagare la somma richiesta. "L’esecuzione della sentenza impugnata impedirebbe materialmente alla appellante la possibilità di continuare a perseguirei propri fini statutari", sostiene infatti l’avvocato dei partigiani i. Il che è un po’ strano, visto che tra donazioni e contributi annuali, l’Anpi incassa un bel gruzzoletto (probabilmente a sei zeri).

"Gli ex partigiani si ergono a difensori della legalità e della Costituzione, ma sono i primi a non rispettare quanto stabilisce la legge, cioè che le pene vanno scontate. Pertanto dico loro: pagate e vergognatevi.

E almeno stavolta versate i vostri soldi per una causa nobile, cioè aiutare i bambini tutelati dalla nostra associazione", lo sfogo di Roberto Mirabile, presidente della Caramella Buona, che chiede giustizia.

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