Dio ci salvi dai pretini d'assalto tutti immigrazione e progresso

Sempre più sacerdoti attirati dalle sirene dell'immigrazione. Ma l'essenziale è un altro. E lo spiega Giovannino Guareschi

Dio ci salvi dai pretini d'assalto tutti immigrazione e progresso

"Lo spiderino rosso svoltò deciso dentro il cortiletto della canonica e ne scese un giovanotto magro, vestito di grigio, con occhiali da intellettuale e una busta di pelle sotto il braccio. Don Camillo, che, seduto allo scrittoio del tinello, con un occhio stava leggendo la Gazzetta mentre, con l'altro, spiava attraverso la finestra, strinse i pugni. 'Avanti!' disse con malgarbo non appena sentì bussare. Il giovanotto entrò, salutò e porse a don Camillo una busta. 'Non posso comprare niente', borbottò don Camillo senza nemmeno alzare il capo dal giornale. 'Non ho niente da vendere' rispose l'altro. 'Sono don Francesco, il coadiutore che la Curia le ha assegnato, e questa è la mia lettera di presentazione'".

Così Giovannino Guareschi racconta il primo incontro tra don Camillo e don Francesco, ovvero don Chichì. Un incontro - verrebbe quasi da dire uno scontro - che non riguarda solamente due sacerdoti, ma due modi di vedere la Chiesa negli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II e che arriva fino ai giorni nostri.

Anni difficili, quelli. Anni in cui una parte di Chiesa - quella legata al mondo progressista - cercò di mandare al macero 2mila anni di storia e di fede. Fortunatamente non ci riuscì, ma i don Camillo divennero minoranza, sostituiti dai don Chichì. Lo stesso pretone della Bassa si sfoga davanti al Cristo dell'altar maggiore: "Signore, cos'è questo vento di pazzia? (...) Signore, volete forse dire che il demonio è diventato tanto astuto che riesce, talvolta, a travestirsi perfino da prete?". "Don Camillo! - lo rimproverò sorridendo il Cristo -. Sono appena uscito dai guai del Concilio, vuoi mettermi tu in nuovi guai?".

Tutto ruota attorno a un seme

Nel corso degli anni la situazione è cambiata. E in peggio. I don Chichì sono ormai la maggioranza, come testimonia la visita di don Mattia Ferrari sulla mare Jonio o l'ultima Via Crucis del Papa, tutta incentrata sul tema dei migranti. O ancora. Ricordate qualche mese fa quando padre Alex Zanotelli e suor Rita Giaretta digiunarono contro i porti chiusi di Salvini? Con loro anche il vescovo emerito di Caserta monsignor Raffaele Nogaro, don Alessandro Santoro della Comunità delle Piagge di Firenze e padre Giorgio Ghezzi, solo per citarne alcuni.

Quello dei migranti è certamente un tema drammatico, come sempre accade quando ci sono in ballo delle vite. Eppure sembra però che le posizioni di una certa parte della Chiesa siano più che altro poliche. Ma così si dimentica l'essenziale che, per un cristiano, dovrebbe esser la Croce.

Lo stesso don Camillo, colpito dalla devastazione che si trova attorno a lui, non può far altro che chieder al Cristo: "Cosa possiamo fare?". "Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede.

Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini d’ogni razza, d’ogni estrazione, d’ogni cultura".

Una lezione, questa, che pare esser stata dimenticata da molti uomini di Chiesa. Più impegnati nel sociale che a difendere il seme, ovvero la fede.

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