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Diritto a salute e rispetto. Il fiume trattato da persona

Le tribù indigene esultano: vinta la battaglia. Il corso d'acqua tutelato come entità giuridica

Diritto a salute e rispetto. Il fiume trattato da persona

La prossima volta che tirate un sasso in un fiume state attenti. Se quel fiume è il Whanganui, un corso d'acqua lungo 290 chilometri sull'Isola del Nord, in Nuova Zelanda, potreste passare dei guai come se lo aveste tirato in testa a una persona. Più o meno. Il Whanganui, infatti, è il primo fiume al mondo a essere considerato per legge alla stregua di un essere vivente. Lo ha deciso il governo neozelandese approvando una legge che riconosce al Whanganui lo status di persona legale, con gli stessi diritti (e doveri), responsabilità e privilegi di tutte le altre persone. In lingua Maori la legge si chiama Te Awa Tupua Bill, l'accordo Whanganui: approvato in terza lettura dal Parlamento settimana scorsa e pronto a diventare attuativo non appena verrà firmato dal governatore generale. Gli esponenti della tribù Maori dei Whanganui presenti in aula hanno festeggiato intonando a pieni polmoni una waiata, la canzone corale che nella tradizione precede la haka, la danza di guerra degli All Blacks, la nazionale di rugby neozelandese.

«So che potrà suonare strano a molti - ha spiegato Chris Finlayson, il ministro che si è occupato della negoziazione -, ma il fiume non è molto differente da una società o da una fiduciaria». Non si tratta di tutelarlo come se fosse un parco nazionale dove si viene puniti se si inquina, si pesca di frodo o si draga il fondale, ma di qualcosa di molto più profondo, innovativo e radicale. In Nuova Zelanda le persone legali, come le compagnie, hanno gli stessi diritti delle persone naturali. Così, sottolinea la stampa locale, nello stesso modo in cui una società gode del diritto di espressione anche il fiume in linea di principio potrebbe averlo.

«Abbiamo combattuto per trovare una formula legislativa che fosse comprensibile per tutti, in modo da far capire che per noi il fiume è un'entità viva e il modo corretto per trattarlo è come un unico indivisibile e non, come è stato negli ultimi cento anni, secondo una prospettiva di possesso e gestione», ha spiegato Albert Gerrard, il legale della tribù dei Whanganui.

Da sempre il Whanganui, che ha un bacino di circa 8mila metri quadrati ed è il terzo fiume più lungo del Paese, è stato considerato sacro dalle tribù. In epoca precoloniale costituiva un'arteria vitale per la comunicazione dei Maori e nel suo bacino navigabile si concentravano i maggiori insediamenti dell'Isola. Ma per la cosmogonia indigena rappresentava molto, molto di più. «Io sono il fiume, e il fiume è me» è un antico detto Maori, che lo considerano niente di più e niente di meno che un antenato da cui discendono. I nativi neozelandesi ritengono se stessi una parte del sistema naturale e costruiscono la propria genealogia legandosi agli elementi primari dell'universo: montagne, mare, fiumi. Per cui dal loro punto di vista «il benessere del Whanganui è strettamente legato al benessere della nostra gente», come ha spiegato il portavoce della tribù. E da 140 anni cercavano di far riconoscere legalmente dal governo questo status. Adesso ci sono riusciti, ponendo termine al più lungo contenzioso giuridico della storia neozelandese: iniziato negli anni Trenta con petizioni e azioni legali e proseguito fino ai nostri giorni con occupazioni e altre azioni spettacolari. Già nel 2012 c'era stato un primo storico accordo, ma non aveva ancora validità legale. Ora è legge.

Si tratta di un unicum mondiale. Molti fiumi sono sacri e protetti. In India del Gange, sacro per gli Indù, si occupa addirittura un ministro che ha la delega al «ringiovanimento del Gange», ma poi nelle sue acque scaricano di tutto senza riguardo. L'opposto della Nuova Zelanda, dove hanno anche creato un ufficio, Te Pou Tupua, con due persone una scelta dalla tribù e una dallo Stato che agiranno per conto del fiume. Ne saranno portavoci, cureranno il suo stato legale, si occuperanno del suo benessere e della sua salute ricevendo un compenso di 100mila dollari neozelandesi l'anno (circa 65mila euro) per vent'anni.

In definitiva, si chiedono molti profani cittadini neozelandesi: potremo ancora andare in barca sul Whanganui? Sì, si potrà ancora. Ma la domanda che viene spontanea a un italiano è: dovesse esondare, chi pagherà i danni? Il fiume stesso?

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