Per la Corte Ue il divorzio romeno prevale sulla separazione italiana

Una sentenza che fa discutere quella della Corte dell'Unione Europea che ha riconosciuto il divorzio romeno dando più peso a questo che alla separazione italiana

Per la Corte Ue il divorzio romeno prevale sulla separazione italiana

La corte Ue è stata chiamata a decidere l'esito di un divorzio visto che sono intervenute due giurisdizioni: quella italiana (prima) e quella romena (seconda) ma l'Ue ha dato ragione alla Romania

Facendo chiarezza sul fatto, un cittadino italiano e una cittadina romena hanno deciso di sposarsi nel 2005 in Italia dove hanno anche stabilito la propria residenza familiare, riferisce Il Sole 24 Ore. Dopo appena un anno è nato un figlio ma sono anche iniziati i problemi per la coppia che ha iniziato a distruggersi, così i due hanno deciso di ricorrere al tribunale italiano e nel 2007 hanno chiesto l'affidamento esclusivo del bambino dopo la separazione giudiziale. La donna e il bambino hanno abbandonato il suolo italiano nel 2009, tornando in Romania. Sempre nello stesso anno la signora si è recata nel tribunale di Bucarest e ha chiesto il divorzio. La Cassazione ha quindi chiesto alla Corte Ue di intervenire, visto che in ordine temporale erano state le autorità italiane chiamate a decidere e non quelle romene. Oltretutto, la residenza familiare era sul suolo della Repubblica italiana. La corte Ue però, con sentenza C‑386/17 ha detto che bisognava sottostare a quanto detto dal tribunale romeno e allinearsi alla sentenza di Bucarest.

Il tribunale di Bucarest nel 2013 ha reso definitive le richieste della signore respingendo qualsiasi richiesta dell'italiano: "I giudici romeni hanno ritenuto che non vi fosse litispendenza perché in Italia era stata chiesta la separazione mentre in Romania (dove non esiste l'istituto della separazione) era stato chiesto il divorzio". Il Tribunale di Teramo ha emesso la sentenza un mese dopo quella definitiva della Romania andandosi a scontrare con il giudizio dei giudici di Bucarest e ritenendo che l'affidamento esclusivo spetti al padre rigettando anche le motivazioni di litispendenza avanzate dal tribunale di Bucarest. Nel 2014 però la signora si è appellata al tribunale dell'Aquila che le ha dato ragione, riconoscendo di fatto la sentenza di Bucarest e affidando il bambino alla madre romena.

L'uomo ha quindi impugnato la sentenza in Cassazione e quest'ultima si è rivolta alla Corte di Giustizia Europea che ha ribadito quanto stabilito in appello dal tribunale dell'Aquila ma la Corte di Cassazione sostiene che: "La sentenza definitiva romena di cui è chiesto il riconoscimento in Italia sia stata resa da un giudice che, in quanto adito per secondo, era sprovvisto del potere di decidere". Secondo la suddetta Corte di Cassazione si ritiene che le autorità romene non abbiano rispettato le dichiarazioni di competenza rese dal giudice italiano chiamato a decidere per primo.

Nonostante secondo la Cassazione sia stato male applicato il Diritto dell'Unione Europea non si potrà comunque fare nulla perché lo stesso vieta che le autorità italiane

(adite prima) possano effettuare un riesame di quanto stabilito dalle autorità romene (adite dopo): quindi va bene la decisione dei giudici di Bucarest che hanno sentenziato il divorzio e il successivo affidamento alla madre.

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