Cronache

Da Ciro Grillo alla ragazza di Trapani: donne stuprate vittime due volte

Secondo il presidente nazionale dell'Osservatorio Violenza e Suicidio, Stefano Callipo, "I veri danni non sono visibili immediatamente ma possono manifestarsi anche dopo anni"

Da Ciro Grillo alla ragazza di Trapani: donne stuprate vittime due volte

Il problema legato alle donne vittime di abusi sessuali nelle ultime settimane sta echeggiando sempre di più dopo le vicende giudiziarie legate a Ciro Grillo. Quest’ultimo, figlio dell’ex comico e fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, è indagato assieme ad altri tre ragazzi per il reato di violenza sessuale di gruppo nei confronti della 19enne e studentessa S.J.

Non solo: a far sollevare polemiche è anche il caso dello stupro di gruppo consumatosi a Campobello di Mazara in provincia di Trapani nei confronti di una 18enne. Il fatto è accaduto a febbraio e nei giorni scorsi, dopo l’accusa da parte della procura di Marsala per il reato di violenza sessuale di gruppo aggravata, per due degli aguzzini si sono aperte le porte del carcere, mentre per altri due sono stati disposti gli arresti domiciliari. A sollevare clamore l’inaspettato gesto del padre della vittima: si è presentato ai carabinieri della locale stazione accusando la figlia di essersi inventata tutto e, al contrario, ha difeso gli stupratori.

Quali sono i meccanismi che si possono innescare nel momento in cui la vittima di stupro sporge denuncia? Come affrontarli? Ne parliamo a IlGiornale.it con il presidente dell’Osservatorio Violenza e Suicidio, Stefano Callipo, che è anche psicologo clinico, giuridico e psicoterapeuta.

Dottore iniziamo col caso che vede coinvolto Ciro Grillo. Perché secondo lei la studentessa ha denunciato di essere stuprata dopo otto giorni?

"Il fatto che una vittima di stupro in genere non presenti la denuncia immediatamente dopo la violenza subìta è un fatto non raro. Ciò può essere dovuto a diversi fattori. Consideriamo che lo stupro è un tipo di violenza molto cruento e feroce e le reazioni da parte della vittima nella prima fase possono essere derealizzative, come stati di shock, incredulità, paura, rabbia, perdita di controllo, reazioni in cui non ha ancora piena coscienza di ciò che ha da poco subìto. Si tratta di un meccanismo di difesa volto a proteggerci. Una seconda fase, che può durare anche anni, può essere caratterizzata da sentimenti come la vergogna, sensi di colpa, disperazione e vulnerabilità. Altri fattori per i quali non si denuncia possono essere il timore di non essere creduti e molte altre variabili. Nella fattispecie del caso del figlio di Grillo non possiamo esprimerci poiché la magistratura sta svolgendo il suo lavoro e noi possiamo pronunciarci soltanto per ipotesi".

Come si concretizzano i sensi di colpa che spingono le vittime a denunciare con ritardo rispetto all’abuso subito?

"Subire un abuso significa vivere un’esperienza dal dolore talmente indicibile che può modificare persino l’assetto di vita della vittima. I sensi di colpa possono essere fortemente emotigeni e, se si è giovani, i danni possono essere ancora più pervasivi. I sensi di colpa possono modificare e talvolta stravolgere completamente il proprio assetto comportamentale e in altri casi persino esistenziale, nel senso che si può arrivare persino ad assumere condotte suicidiarie. I danni di uno stupro spesso non sono visibili nella loro interezza nell’hic et nunc, ma possono manifestarsi persino a distanza di anni. La loro valutazione nell’immediato è quasi sempre una valutazione parziale, proprio per questo motivo".

Come aiutare le vittime a superare questo blocco e quindi denunciare?

"La vittima di abuso ha bisogno di un supporto immediato per iniziare una psicoterapia che agisca su due livelli, nel ‘qui’ e ‘ora’ e alla ‘distanza’. Soprattutto se si tratta di un soggetto in età evolutiva. Il ‘blocco’ può essere affrontato e gestito soltanto con l’aiuto di un professionista. Far sentire la persona accolta, non giudicata, accogliere i suoi vissuti emotivi incondizionatamente da parte dei familiari può essergli d’aiuto. Arrivare a denunciare significa aver già elaborato una parte del dolore e aver raggiunto una consapevolezza dell’accaduto. Da soli è difficile. La denuncia è importante, perché permette non soltanto di salvare se stessi ma anche di essere messi in sicurezza, e ancora di evitare che gli stupratori possano mietere altre vittime. Nell’abito di un’azione preventiva bisognerebbe diffondere la cultura della denuncia, poiché con essa non si salva soltanto la propria vita ma anche quella di molte altre donne".

La difesa di Ciro Grillo ha nominato un medico legale per indagare sulle reali condizioni psicofisiche della ragazza quella notte e nei giorni a seguire. Potrebbe esserci il rischio che la 19enne da vittima venga trasformata in colpevole dentro al tribunale come accaduto in altri casi?

"Nel caso di Grillo non ritengo sia giusto pronunciarsi, poiché è compito della magistratura far luce sull’accaduto, i processi si fanno nelle aule dei tribunali, e le procure svolgono egregiamente il loro compito".

Il video che immortala le immagini di quella notte dentro la villa di Ciro Grillo sta facendo il giro di diversi cellulari oltre a quello dei legali. Ci sono gli estremi per un illecito legato a revenge porn?

"È opportuno non pronunciarsi su questo. Lasciamo la procura svolgere le indagini".

La diffusione a più persone di quelle immagini unitamente alla nomina di un medico legale che indaghi sulla ragazza quanto può compromettere la serenità della 19enne? Potrebbe fare dei passi indietro?

"Nell’ipotesi che la ragazza sia una vittima i danni possono essere indicibili. Significherebbe rivivere traumi non ancora elaborati e vivere una seconda vittimizzazione. Un tormento emotivo pericoloso. Occupandomi di rischio suicidario, sia come professionista sia come presidente nazionale dell’Osservatorio Violenza e Suicidio, ho sempre sostenuto che il dolore mentale può essere più forte e insopportabile di quello fisico. Nell’ipotesi avanzata in questo caso il dolore mentale verrebbe esacerbato ancora di più".

Non solo il caso di S.J. che viene indagata dal consulente di Grillo ma anche quello della giovane di Trapani che viene accusata dal padre di essersi inventata tutto. Quali sono i danni che la vittima può subire quando viene sminuita la gravità dello stupro subito?

"Ragionando sempre per ipotesi, nel non sentirsi creduti, come nel caso di Trapani oppure nel caso di S.J., ma anche per le tante donne che hanno subìto la stessa condizione, mi preoccupano gli effetti che si possono generare. Mi riferisco al victim blaming: si tratta di un meccanismo che davanti a una violenza feroce di genere porta le persone ad attribuire una certa colpa dell’accaduto alla vittima. A volte sminuendo l’accaduto stesso con frasi del tipo 'aveva la minigonna, quindi se l’è cercata'”.

Perché il padre della ragazza siciliana, di fronte all’evidenza dei fatti accertati dalla procura, dà torto alla figlia e difende gli stupratori? Come si può interpretare questo atteggiamento?

"Non conoscendo la realtà dei fatti dello specifico caso non posso rispondere alla domanda. Posso però dire che a volte un genitore può negare a se stesso l’atrocità dell’accaduto sulla propria figlia, come se la sua mente non lo accettasse. Si tratterebbe di un meccanismo di difesa che avrebbe effetti devastanti sulla figlia".

Vicende di questo tipo possono scoraggiare altre vittime alla denuncia? O al contrario possono rafforzare lo spirito di far giustizia contro gli aggressori?

"Dobbiamo sempre considerare gli effetti che ogni notizia mediatica, soprattutto relativa a una violenza o ancor di più di uno stupro può generare sulle vittime. Vicende di questo tipo incluse".

In che modo cercate di riabilitare le vittime di violenza, ma anche di un processo mediatico, verso il ritorno alla normalità?

"Non è un percorso facile per la vittima. Essa deve essere messa immediatamente in sicurezza e avviata a un percorso di psicoterapia, di psicotraumatologia e isolata da eventi traumatici che possano portarla a rivivere ciò che ha subìto, come per esempio notizie mediatiche che potrebbero produrre il victim blaming o una seconda vittimizzazione".

Una donna vittima di violenza sessuale può anche pensare al suicidio?

"Purtroppo sì, esiste una forte correlazione tra una violenza sessuale subìta e il suicidio. Donne vittime di un’aggressione di tipo sessuale hanno una probabilità pari a 3/4 volte maggiore di tentare un suicidio rispetto ad altre donne. Inoltre le vittime di stupro hanno circa il 13% di probabilità in più di tentare il suicidio. Gli effetti della violenza sessuale su una donna possono inoltre portare la vittima ad avere depressione, disturbi della condotta alimentale, disturbi fobici, attacchi di panico, disturbi psicosomatici e disturbo post traumatico da stress.

Importante è saper cogliere in tempo i primi segnali e agire tempestivamente".

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