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Draghi si è stancato del pantano grillino

Veti M5s sulla Rai e la giustizia, è braccio di ferro per portare la riforma in Cdm oggi. Così a rischio Recovery e ripresa

Draghi si è stancato del pantano grillino

Non è stata una giornata rilassante per Mario Draghi. Che ieri, non senza un certo fastidio, ha dovuto trattare a lungo con il M5s nel tentativo di trovare un punto di caduta possibile sia sulla riforma della giustizia che sulla Rai. Due dossier che, per ragioni diverse, il premier considera decisivi. In particolare il primo, una sorta di vera e propria architrave del Recovery plan. Perché, lo ha ripetuto più volte il Guardasigilli Marta Cartabia, «senza le riforme della giustizia non ci saranno i fondi dell'Europa». Di qui il tentativo di Draghi di accelerare e provare a dribblare il pantano grillino che proprio nelle stesse ore contribuisce a stoppare anche la partita delle nomine a viale Mazzini.

Il premier, infatti, vuole portare la riforma in Consiglio dei ministri già oggi. Ma un M5s sempre più in confusione - anche a causa della faida interna tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte - lo costringe a una brusca frenata. Niente cabina di regia in mattinata, come era inizialmente in programma. E nessuna discussione sul tema nel pre-consiglio del tardo pomeriggio. Con sullo sfondo l'idea di presentare la riforma della giustizia «fuori sacco» nel Consiglio dei ministri di oggi. Scenario niente affatto gradito al M5s, che alza un muro. In mattinata si riuniscono il capodelegazione Stefano Patuanelli, la sottosegretaria Anna Macina e i componenti grillini delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, tra i quali c'è anche l'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. Un incontro nel quale si ribadisce la richiesta a Draghi di rinviare il via libera alla riforma. Il nodo resta quello della prescrizione, ultimo baluardo di un M5s che negli anni ha rinunciato a tutte le sue bandiere identitarie. Con i grillini in verità spaccati. Bonafede e Patuanelli su posizioni più rigide, tanto da far sapere che se il testo arriverà in Consiglio dei ministri il Movimento potrebbe anche decidere di astenersi, come fece ad aprile la Lega sul decreto riaperture. Più dialogante, invece, il resto del partito, a partire dalla Macina, convinta che alla fine si sia trovato un compromesso accettabile anche sulla prescrizione.

La trattativa va avanti l'intera giornata. E a sera prende quota l'idea di portare il pacchetto di emendamenti governativi al ddl giustizia in Consiglio dei ministri. Insomma, la riforma dovrebbe essere finalmente licenziata. Ma dopo giorni di mediazioni e trattative, persino sulle sfumature. Di qui il fastidio degli ultimi giorni di Draghi. La riforma della giustizia, infatti, è uno dei dossier su cui Bruxelles ha i riflettori puntati, oltre ad essere il primo passo per riuscire a portare gli investitori stranieri ad essere più presenti in Italia (tema molto caro al premier).

E anche sul capitolo Rai è soprattutto il Movimento a stoppare le nomine. Oggi il Parlamento avrebbe dovuto riunirsi per eleggere i quattro membri «politici» del cda, ma l'appuntamento è slittato proprio per evitare che la guerra tra bande dentro il principale gruppo parlamentare di Camera e Senato potesse far saltare l'intero banco. Rinvio che non ha affatto suscitato entusiasmi a Palazzo Chigi. Ancora una volta a causa dell'estrema debolezza del Movimento, infatti, Draghi si è trovato alle prese con l'ennesimo stop. Così, il premier ha fatto sapere che, siccome le scadenze vanno rispettate, il governo non attenderà i partiti. Neanche sulla Rai. E che il 12 luglio il ministero dell'Economia procederà con l'indicazione di presidente e ad della Rai (seguendo il criterio di un uomo e una donna).

Il giorno prima, l'11 luglio, si terrà invece a Wembley la finale degli Europei. E Draghi ancora non ha deciso se essere presente (soprattutto dopo aver manifestato perplessità sull'opportunità di giocare a Londra). Molto, in verità, dipenderà anche da cosa deciderà di fare il capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Di certo, domenica uno dei due sarà a Wembley.

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