Cronache

Ecco i visori 3d per mettersi nei panni dei migranti

Il progetto prevede anche la realizzazione di laboratori di rielaborazione dell’esperienza vissuta virtualmente dai ragazzi a scuola, con la presenza di "testimoni diretti delle migrazioni umane"

Ecco i visori 3d per mettersi nei panni dei migranti

Grazie alle tecnologie dei video a 360 gradi e all’utilizzo di visori speciali e di una app, i ragazzi si troveranno ad operare le scelte che si trovanno a fare i migranti in viaggio. Come spiega La Verità si tratta dell'ultima trovata delle associazioni pro-immigrazione per educare i ragazzi a scuola all'accoglienza. Un progetto della Fondazione Cser (Centro studi emigrazione Roma) dei padri scalabriniani con il sostegno della Fondazione Migrantes e della Société de la Chapelle. Prende il nome di Il progetto "Ponte di Dialoghi" e nasce dalla volontà, spiega il centro studi, "di promuovere una cultura della conoscenza, accoglienza e convivenza nell’intento di diminuire le forme di discriminazione o xenofobia e sensibilizzare la cittadinanza, ed in particolare i giovani che rappresentano il presente ed il futuro di una società aperta e plurale, capace di garantire pari diritti, doveri e opportunità a tutti senza esclusioni di sorta. Il progetto è incentrato su una comprensione, prima di tutto, empatica e in secondo luogo cognitiva delle migrazioni".

Inoltre, il progetto prevede anche la realizzazione di laboratori di rielaborazione dell’esperienza vissuta virtualmente dai ragazzi, con la presenza di "testimoni diretti delle migrazioni umane": esperti e migranti che in prima persona "racconteranno le proprie storie". È prevista una serie di pubblicazioni sulla storia delle immigrazioni nelle principali città italiane per aiutare i ragazzi a comprendere il vissuto del proprio territorio. “Ponte di dialoghi” è stato presentato il 14 gennaio, a Roma, e come riporta Romasette prenderà il via a marzo in una decina di scuole medie inferiori e superiori e durerà per tutto il 2020. Saranno coinvolti almeno mille studenti. Per ora sono disponibili quattro storie diverse, sintetizzate in 7 minuti, raccontate in immagini tridimensionali riprese da una telecamera GoPro posta sulla testa del protagonista principale. Chi indossa il visore Oculus Go avrà la sensazione di trovarsi veramente al posto di Carolina del Rwanda, di Namin della Guinea o degli altri migranti dal Congo e dall’Est Europa. I ragazzi a scuola ascolteranno le voci e urla delle carceri libiche, rischieranno di annegare in mare o di camminare a piedi attraverso deserti senza acqua da bere. E, soprattutto, saranno chiamati a fare delle scelte.

"Speriamo di estendere l’iniziativa anche alle comunità di giovani italiani all’estero" ha spiegato padre Lorenzo Prencipe, responsabile del Cser. "Vogliamo unire la dimensione cognitiva con quella emozionale, per arginare quella che è stata definita la fine della compassione”. Naturalmente, il progetto non spiega il rovescio della medaglia e non aiuta ad analizzare il fenomeno delle migrazioni nel suo complesso. Né spiega quali possono essere le ripercussioni negative delle migrazioni se non controllate per quanto riguarda, ad esempio, l'ambito sociale o lavorativo. Cerca di far presa, esclusivamente, sul lato emotivo e sensoriale degli studenti. Si punta sullo strumento della compassione e dell'indignazione, che però rappresenta solo un aspetto delle migrazioni.

Il Centro Studi Emigrazione, l'ente che promuove questo progetto dedicato alle scuole, è un’istituzione con finalità culturali promossa nel 1963 dalla Congregazione dei Missionari Scalabriniani, impegnata dal 1887 nell’assistenza religiosa e sociale degli emigrati italiani all’estero e, da alcuni decenni, nell'assistenza e promozione umana di tutti i migranti.

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