Cronache

Ecco l'interpretazione di Ratzinger del "Padre Nostro"

Ratzinger ha interpretato il testo della preghiera nel primo libro su Gesù. Ieri il Papa ha dichiarato che la traduzione corrente è sbagliata

Ecco l'interpretazione di Ratzinger del "Padre Nostro"

Papa Francesco vuole cambiare la traduzione del "Padre Nostro". Secondo il pontefice - infatti - il testo attuale "...non è una buona traduzione", in quanto contiene l'espressione "non ci indurre in tentazione". Bergoglio si è detto sicuro del fatto che il responsabile della caduta dell'uomo non possa essere Dio: "Sono io a cadere, non è Lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito", ha specificato Francesco, ribadendo che "quello che ti induce in tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana". Dio - essendo infinitamente buono - non può per il Papa agire come tentatore. La questione è datata e alcune versioni della preghiera di base tutti i cristiani sono state effettivamente modificate. Benedetto XVI, nel suo "Gesù di Nazareth", aveva dato questa interpretazione esegetica della frase in questione: "Con essa diciamo a Dio: "So che ho bisogno di prove affinché la mia natura si purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se – come nel caso di Giobbe – dai un po’ di mano libera al Maligno, allora pensa, per favore, alla misura limitata delle mie forze. Non credermi troppo capace. Non tracciare ampi i confini entro i quali posso essere tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa troppo ardua per me". Anche per Ratzinger, quindi, non è Dio a tentare, ma Satana attraverso la "mano libera" che il creatore gli concede.

Continua il Papa Emerito: "In questo senso san Cipriano ha interpretato la domanda. Dice: quando chiediamo "e non c’indurre in tentazione", esprimiamo la consapevolezza "che il nemico non può fare niente contro di noi se prima non gli è stato permesso da Dio; così che ogni nostro timore e devozione e culto si rivolgano a Dio, dal momento che nelle nostre tentazioni niente è lecito al Maligno, se non gliene vien data di là la facoltà". La preghiera, dunque, è rivolta a Dio poiché nulla può essere fatto contro l'uomo se non per il tramite di un "permesso" di Dio stesso. In questa interpretazione, insomma, non sembrerebee esserci pariteticità o medesima facoltà di agire per Dio e per Satana. Specifica Ratzinger: "Nella preghiera che esprimiamo con la sesta domanda del Padre nostro deve così essere racchiusa, da un lato, la disponibilità a prendere su di noi il peso della prova commisurata alle nostre forze; dall’altro, appunto, la domanda che Dio non ci addossi più di quanto siamo in grado di sopportare; che non ci lasci cadere dalle sue mani". E ancora: "Pronunciamo questa richiesta nella fiduciosa certezza per la quale san Paolo ci ha donato le parole: "Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla". Il dibattito sulla traduzione di questa preghiera - del resto - nasce da un errore di traduzione che si sarebbe verificato nei confronti del verbo greco eisphérô, che letteralmente significherebbe "far entrare". Spagna e Francia hanno già modificato la traduzione.

La parola - adesso - passa alla Conferenza episcopale italiana, cui è affidata la traduzione liturgica.

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