
Gentile Direttore,
scrivo in qualità di regista d'opera con oltre sessant'anni di carriera nei più importanti teatri del mondo, cinque volte sovrintendente e direttore artistico. Ho avuto modo di conoscere e di osservare il Maestro Beatrice Venezi al lavoro: una musicista di grande preparazione, serietà e sensibilità artistica, che ha saputo guadagnarsi il rispetto di orchestre e pubblico in contesti tutt'altro che semplici. A soli 34 anni è stata nominata Direttore Musicale Principale Ospite del Teatro Colón di Buenos Aires, uno dei teatri più prestigiosi al mondo, risultato che testimonia la solidità del suo percorso e il riconoscimento internazionale che si è meritata, e che non può essere sminuito. Nella mia esperienza ho visto molti giovani direttori, con curricula ben meno strutturati, ricevere l'opportunità di misurarsi con orchestre e teatri di primo piano. Mai, in quei casi, si sono sollevate polemiche di questa natura, con tale veemenza e cattiveria. Trovo questo atteggiamento profondamente ingiusto e, per me, anche doloroso: mi disturba e mi rattrista vedere come un attacco del genere possa colpire una professionista giovane e competente. È triste per il mondo artistico assistere a dinamiche che nulla hanno a che fare con la musica o con la reale valutazione del merito. Nella mia vita, trascorsa interamente nei teatri fin da quando ero bambino accanto a mio padre, ho conosciuto la grandezza di quest'arte ma anche la durezza di certe logiche. Qui mi pare evidente un attacco di natura ideologica e, purtroppo, segnato da un pregiudizio di genere: sono convinto che il curriculum del Maestro Venezi sarebbe stato giudicato con occhi diversi se si fosse trattato di un uomo. Qui non è in discussione solo la sua figura. È in gioco qualcosa di più grande: il futuro stesso della musica e dei giovani talenti.
Già questo è un settore che soffre per tante ragioni; se in più tarpiamo le ali a chi ha il talento e la capacità di rinnovarlo, allora il nostro mondo artistico è destinato a spegnersi. Credo che difendere la sua nomina significhi difendere non solo una persona, ma la credibilità e il futuro stesso delle nostre istituzioni culturali.