Coronavirus

Una nuova variante? Ecco quanto è probabile

Nonostante tutti gli indici siano in calo, la pandemia è sempre ben presente e non si esclude la comparsa di una nuova variante nel prossimo futuro. Ecco i perché dell'esperto

Una nuova variante? Ecco quanto è probabile

Le notizie quotidiane sull'andamento del virus migliorano: calano i contagi, l'indice Rt ma soprattutto ricoverati nei reparti ordinari e negli ospedali. Ottime notizie si, ma c'è sempre chi invita alla prudenza: lo fa il Centro europeo per le malattie, Ecdc, che raffredda gli entusiasmi e chiede di non abbandonare subito le misure restrittive. Una nuova variante, nel prossimo futuro, non è del tutto esclusa.

Cosa potrà succedere

Lo ha fatto capire il prof. Mario Clerici, ordinario di Immunologia all’Università Statale di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, intervistato dal Corriere della Sera. "Nessuno di noi può dire quello che succederà nel futuro. Soprattutto perché questo è un virus così strano che ci pone continuamente di fronte a sfide". Insomma, attenzione a non rilassarci troppo, questo virus è diverso da tutti gli altri visti finora nella breve storia recente della virologia. Nei precedenti casi, almeno 6-7, in cui un coronavirus ha fatto il salto di specie sull'uomo, dopo una fase acuta si è osservata una fase "molto più lieve. Quindi se ci basiamo su quello che è successo con tutti gli altri coronavirus è abbastanza logico supporre, sperare, che avverrà la stessa cosa anche con questo", sottolinea l'immunologo.

Il rischio di una nuova variante

Il prof. Clerici ha spiegato che, per poter convivere con l'uomo, ogni virus ha bisogno di "adattarsi", un po' come succede con il virus influenzale che esiste da chissà quanti anni ed ogni anno muta, leggermente, per poter continuare a provocare influenza, febbre, tosse e i sintomi che conosciamo da sempre. Anche il Covid-19, probabilmente, non sfuggirà a questa regola. "Basandoci sulla biologia delle infezioni virali, c’è la possibilità teorica che emerga una variante più pericolosa ma è molto più probabile che emergano altre varianti sempre meno pericolose. Anche perché le varianti vanno a impattare su una popolazione grazie al cielo sempre più vaccinata", sottolinea Clerici.

"Il concetto di One Healt"

Come anticipato, i salti di specie sono stati almeno sette dal 1300 ad oggi ma tre di questi sono avvenuti negli ultimi 20 anni. Il prof. spiega che questo è dovuto all'aumento di popolazione che causa un'indiretta promiscuità tra uomo e animale, ad esempio con gli allevamenti di suini. Il concetto è chiamato "One healt", diventa sempre più facile sia il passaggio che il salto di specie. "Aumenta la popolazione, bisogna far crescere più polli piuttosto che di suini per nutrirla, i contatti sono sempre più continui". Molto interessante, poi, il concetto di sviluppo di una mutazione, una sorta di "braccio di ferro" con l'organismo: il nostro sistema immunitario combatte il nemico ma "la risposta immune non è mai in grado di uccidere del tutto il virus": in pratica, la maggior parte dei virus che ci infettano ci tengono compagnia per sempre, in "silenzio" perché controllati dal nostro sistema immune ma, ad esempio, quello dell'herpes ogni tanti riappare. "Non perché si ha un nuovo contatto con il virus, ma perché il virus è sempre presente", sottolinea Clerici.

La differenza tra varianti

Fino a questo momento, la storia del Covid ci ha insegnato che molte varianti sono passate in sordina, molte altre sono diventate "di interesse" come nel caso, per esempio, dell'attuale variante Omicron che ha preso il sopravvento "perché contiene una serie di mutazioni tali per cui il virus uccide meno l’ospite però lo infetta molto di più" e continua a vivere, a moltiplicarsi. Nel nostro Paese, infatti, ormai rappresenta il 99% dei casi. Le altre varianti denominate "di preoccupazione" sono state, in ordine di apparazione, Alpha, Beta, Gamma e Delta.

Il ruolo dei vaccini

Come mai i vaccini rappresentano la prima e unica difesa per prevenire l'infezione? Perché produce anticorpi specifici che "leggono" il virus impedendogli di infettare le nostre cellule. Se la prima barriera non funziona, ci sono le cellule T che, anche se non bloccano l'ingresso del patogeno, "uccidono le cellule nelle quali il virus è entrato. Questo è esattamente quello che è successo con la variante Omicron - aggiunge l'esperto - Ci siamo vaccinati tutti con un virus, il Wuhan che ormai è molto differente rispetto a Omicron , quindi gli anticorpi indotti dal vaccino non sono stati in grado di bloccare l’infezione o lo ha fatto molto male, quindi moltissimi di noi si sono presi l’Omicron. Pochissimi di noi vaccinati hanno sviluppato una malattia severa, perché la seconda linea di difesa, i linfociti T indotti dal vaccino hanno ucciso le cellule infette impedendo che la malattia diventasse severa".

Per poter bloccare, del tutto, la progressione di una pandemia, serve il concetto di sanità globale: più gente sarà vaccinata, nel mondo, meno il virus avrà possibilità di diffondersi.

"Immunologicamente, il solo modo è aumentare sempre più la percentuale di vaccinati", conclude Clerici.

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