Cronache

È emergenza amianto: 700mila tonnellate da rimuovere nel Lazio

Nel Lazio ci sono fino a 700mila tonnellate di tetti e coperture in pericoloso amianto da rimuovere. Numeri che impressionano: cosa si può fare? E cosa si sta facendo?

È emergenza amianto: 700mila tonnellate da rimuovere nel Lazio

"L'amianto fa venire il tumore. Perché nel Lazio ce n'è ancora così tanto"? Ecco basterebbe forse questa semplice domanda posta da un bambino di undici anni di nome Andrea per riassumere i risultati del dossier "Il caso amianto nella regione Lazio", presentato questa mattina da Legambiente in occasione  della conclusione della "Campagna di Educazione e Sensibilizzazione alla Legalità Ambientale". E si, Andrea, uno dei 1500 studenti coinvolti nell'iniziativa dell'associazione ambientalista, non ha affatto torto. Nel Lazio sono presenti tra le 360mila e le 700mila tonnellate di tetti e coperture in pericoloso amianto da rimuovere. Secondo le analisi del Centro regionale amianto della Asl di Viterbo, si tratta di un'enorme superficie tra i 27,7 e i 53,9 milioni di metri quadri, alla quale si aggiunge la presenza di oltre un milione di tonnellate di materiali contenenti amianto ancora in uso negli ambienti di vita e di lavoro. 1034 siti, dei quali 1054 si trovano in provincia di Roma, 94 in quella di Viterbo, 65 nell'area di Frosinone, 53 in quella di Latina e 34 in provincia di Rieti. Numeri che impressionano, ma cosa si può fare? E cosa si sta effettivamente facendo?

La legge

Sono passati vent'anni da quando il nostro Paese con la legge 257 del 1992 ha scelto di bandire l'impiego dell'amianto, ponendo così fine alla sua estrazione ed alla sua utilizzazione. Il legislatore ha stabilito il divieto di estrarre, importare, esportare, produrre e commercializzare prodotti contenti amianto, bonificare le aree contaminate, ricercare materiali sostitutivi, effettuare una riconversione produttiva e controllare l'inquinamento. Inoltre, nel rispetto della sussidiarietà, la normativa prevede che la Regione abbia come compito fondamentale per i territori quello di adottare piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto. 

Il caso Lazio

"Sarebbe ora  - ha sottolineato Michele Rucco, segretario generale dell'Osservatorio nazionale amianto onlus - di dare prima attuazione alla legge con vent'anni di ritardo. La legge 57 del 92 prevedeva che entro 70 giorni le regioni si dotassero di un piano amianto. In Italia sono solo due le regioni che l'hanno fatto, il Lazio non è tra queste. Fortunatamente in questi giorni c'è in discussione nella Commissione congiunta ambiente e sanità  della Regione  Lazio una legge per la bonifica dell'amianto. La cosa più importante per noi è che venga stabilito un termine entro il quale entro la bonifica venga fatta perché ad oggi questo termine non esiste".

"A vent'anni dalla legge che impedisce l'estrazione e l'utilizzo dell'amianto - spiega Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio - c'è ancora tanto da fare, va conclusa la mappatura delle strutture in amianto che ad oggi è stata realizzata solo sul 4,8% del territorio, su alcune aree test. I risultati del dossier sono una stima, una proiezione. Andrebbe fatta un'analisi con foto aeree su tutto il territorio regionale. Dopo di che andrebbero avviate le bonifiche, approvando anche una specifica norma regionale e favorendo la sostituzione delle coperture con tetti fotovoltaici i per fermare quella che è una strage silenziosa". 

Al vaglio del consiglio regionale del Lazio in questi giorni vi è  una proposta di legge per instaurare programmi d’intesa tra Amministrazione regionale e Comuni del territorio per pianificare interventi di smaltimento amianto nelle aree originariamente utilizzate per l’estrazione e ora dismesse. La proposta è stata illustrata martedì 15 maggio dal presidente della Regione Lazio Renata Polverini e dal consigliere e presidente della Commissione speciale sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro Luigi Abate. L'idea è quella di utilizzare cave dismesse per lo smaltimento dell’amianto, creare un sistema di controllo diffuso ed elettronico che permetta di seguire e monitorare il tragitto e la giacenza dei rifiuti.

Che tempi dobbiamo aspettarci? Abbiamo girato la domanda all'assessore all'Ambiente e allo Sviluppo Sostenibile delle Regione Lazio, Marco Mattei. "I tempi di conclusione di questo studio, e quindi del varo del procedimento amministrativo, sono tempi brevi. Credo che entro l'estate avremo concluso l' iter. Poi è chiaro, dalla conoscenza della situazione bisogna passare alla soluzione della stessa e anche lì ci sarà bisogno di importanti stanziamenti. La legge in discussione in Regione ci potrà aiutare. Se ci sarà il varo di questa normativa e nel contempo avremo completato il monitoraggio, le due cose potrebbero dare una svolta seria ad un problema che è lì da vent'anni".

Lo smaltimento

Secondo quanto previsto dalle normative vigenti, lo smaltimento dell'amianto deve essere realizzato da soggetti organizzati in forma di impresa ed iscritti all'Albo Nazionale dei gestori ambientali, istituito presso il Ministero dell'Ambiente. La funzione dell'albo è proprio quella di garantire che coloro i quali si occuperanno di tutte le fasi dello smaltimento dell'amianto, dal trasporto alla sostituzione, alla bonifica siano soggetti in grado di garantire in modo certo e trasparente che ogni momento dell'attività venga svolto nel pieno rispetto di regole di salvaguardia ambientale e di tutela della salute. Non sempre però questo avviene. E così spesso l'amianto finisce in circuiti illegali.

"La cronaca anche recente - afferma Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio  - racconta numerosi interventi delle Forze dell'Ordine e della Magistratura con 658 sequestri di rifiuti speciali abbandonati o smaltiti illegalmente per un totale di 1243 infrazioni accertate tra il 2007 e il 2010, ben 1372 persone deferite all'autorità giudiziaria e 45 arresti".

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