
"A partire dal 19-20 marzo la curva dei nuovi casi sembra attenuarsi leggermente", aveva detto il presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, parlando dell'emergenza coronavirus. I numeri di ieri, però, non sono stati confortanti: in un giorno, l'Italia ha registrato il record di decessi e oltre 4mila nuovi casi.
Ma allora, dopo 18 giorni di lockdown di tutto il Paese, non si vedono ancora gli effetti della quarantena? A spiegare come leggere i numeri che arrivano quotidianamente è stato Pierluigi Lopalco, docente di Igiene all'Università di Pisa e coordinatore per l'emergenza coronavirus in Puglia, che ha specificato ad AdnKronos: "Guardare i dati giorno per giorno è fuorviante". E aggiunge: "Non fissiamoci sul dato di oggi, guardiamo il trend degli ultimi giorni, magari facendo una media dei casi negli ultimi tre giorni. E su questo trend possiamo dire che un rallentamento nella velocità di crescita c'è". L'aumento dei casi potrebbe essere dovuto anche a ritardi "di laboratorio": può succedere, infatti, che i laboratori abbiano accumulato molti test, di cui comunicano i risultati tutti insieme, oppure che alcune segnalazioni vengano fatte il giorno dopo, aumentando quelle quotidiane. Tuttavia, anche i numeri sui decessi degli ultimi giorni non sono rassicurarnti. "Dobbiamo sempre ricordare - specifica Lopalco a Repubblica - che chi è morto ieri si è infettato 15 o 20 giorni fa".
E, se ci si distanzia dal trend nazionale e ci si concentra sulle singole Regioni, Lombardia esclusa, si nota un rallentamento della pandemia. "Che i decreti abbiamo avuto un effetto, sono sicuro già da ora. Lo vedo nella mia Regione. Il rallentamento della crescita è evidente", dice all'AdnKronos il professor Lopalco. "Senza chiusura- aggiunge- non avremmo mai avuto il rallentamento della crescita, in ogni Regione avremmo avuto una Lombardia". Ma, nelle altre zone d'Italia, "ci sono i primi segni che le misure di contenimento hanno rallentato la corsa".
Secondo quanto riporta Repubblica, due ricercatori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare hanno stabilito il ritardo dell'epidemia nelle singole Regioni, rispetto alla Lombardia. Secondo i loro calcoli, "l'Emilia è indietro di 12 giorni, il Piemonte di 17, il Veneto di 20, le Marche di 23, il Lazio di 28, la Puglia e la Sicilia di 32". E, secondo quanto ha rivelato a Repubblica Enrico Bucci, professore di Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia, "il fatto che tutte le Regioni si stiano allontanando dalla Lombardia significa che il distanziamento sociale sta funzionando". Sulla stessa linea è anche il professor Lopalco, che ha precisato: "Senza il distanziamento sociale in Puglia prevedevamo di avere 2.000 positivi il 25 marzo. Quel giorno ne abbiamo registrati poco più di mille. Le misure stanno funzionando".
Ma le misure non sembrano avere effetti positivi solo al Sud. Secondo Bucci, infatti, anche in Emilia Romagna i dati sono positivi. La distribuzione dei casi nella Regione, infatti, suggerisce la relazione di questi con la "vicinanza a Lodi e non con la densità di popolazione". "Ci si aspetterebbe- spiega il professore-una maggior diffusione del virus nelle aree più abitate e invece la troviamo concentrata ai confini con il lodigiano. Vuol dire che 18 giorni di lockdown stanno avendo l'effetto sperato". Anche il commissario per l'emergenza in Emilia Romagna, Sergio Venturi, ha notato "un trend positivo": "Tutti i trasporti in ambulanza eseguiti per coronavirus sono in calo- ha detto- Reggio Emilia e Piacenza si stanno attestando su valori uguali, Parma è più in alto, ma in calo.
Questo indicatore ci dice l'andamento della malattia in tempo reale, non di diversi giorni fa". Sotto controllo anche Ferrara, mentre è stabile "lo scenario a Forlì-Cesena e Ravenna sebbene con un aumento di contagi sopra la media regionale".