Modena - Oltre al danno, la beffa. È quanto sta succedendo alle decine di proprietari di abitazioni crollate, che si sono visti recapitare il conto della demolizione delle loro case pericolanti. È il primo effetto riscontrabile del decreto del governo del 15 maggio, appena cinque giorni prima del terremoto che ha sconvolto l’Emilia. Nel testo, non ancora divenuto legge dello Stato, inerente le «Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile» si fa riferimento ad assicurazioni a carico dei privati per la copertura dei rischi derivanti dalle calamità naturali. In pratica i cittadini di Cavezzo, Mirandola, Finale Emilia e di tutti gli altri Comuni della Bassa emiliana che hanno avuto lesioni nelle loro abitazioni, avrebbero avuto cinque giorni di tempo, teoricamente, per stipulare delle polizze in grado di coprire non solo il risarcimento ma anche le spese come le demolizioni. Oggettivamente impossibile. Va detto però che il governo si era affrettato a riconoscere la non applicabilità del decreto per le zone terremotate. Ma la beffa si è puntualmente concretizzata quando molti sfollati, che hanno iniziato in questi giorni ad abbattere le loro abitazioni, hanno ricevuto i primi conti delle ruspe: «Conti anche fino ai 50mila euro», denunciano i sindaci.
Il primi cittadini più esposti su questo fronte, quelli di Medolla e di Cavezzo, non hanno esitato a denunciarlo ai giornali come ha fatto Stefano Draghetti nei giorni scorsi dalle colonne del quotidiano Modena Qui e come ha ribadito ieri anche al Giornale: «È assurdo che un cittadino che ha perso tutto debba farsi anche carico delle demolizioni per un evento che non ha creato lui», spiega il sindaco di Cavezzo. Draghetti ha parlato di «una decisione politicamente sbagliata che non fa altro che accrescere la distanza tra il cittadino svantaggiato e la politica». Ma c’è di più: Draghetti ha specificato che il privato sarebbe costretto nella migliore delle ipotesi «ad anticipare il pagamento di ruspe e martelli pneumatici, nella peggiore a sostenere in toto, una spesa ingiusta che graverebbe sulle spalle di chi ha perso tutto».
Vero è che, tra le pieghe del decreto, è previsto che i cittadini vengano rimborsati quando, e se, arriverà il contributo per la ricostruzione. «Ma con i tempi con cui paga la pubblica amministrazione non è una consolazione», è il tenore del dibattito. Ecco perché in queste ore i sindaci hanno delegato i tecnici a studiare il decreto che al momento è fumoso ben sapendo, come ha detto ieri il sindaco di Mirandola Maino Benatti che «se il pubblico dovesse accollarsi anche questi oneri, finiremmo tra cinque anni solo la fase d’emergenza». Tanto più che di spese a carico dei privati non si fa cenno nella normativa ad hoc successiva al sisma in Emilia, il decreto legge 74 del 2012 del 6 giugno. Nel frattempo a Cavezzo, Draghetti ha già annunciato che «i cittadini per ora non hanno pagato e si spera che non pagheranno». Molto dipenderà anche dall’interpretazione del dispositivo, ma molto dipende anche dalla tipologia d’intervento.
Se la casa si affacciasse su suolo pubblico, ad esempio, e un suo eventuale crollo dovesse mettere a rischio l’incolumità del cittadini, allora toccherebbe al comune provvedere all’abbattimento.
La cosa è approdata in Regione con un’interpellanza del movimento Cinque Stelle per chiedere ad Errani di «farsi carico delle spese di demolizione degli edifici inagibili, sia per fabbricati pubblici che privati, anche attraverso risorse dello Stato», mentre dalla Provincia di Modena cercano di prendere tempo «perché la normativa è ancora in fase di studio».
E su questo fanno leva gli amministratori confortati dalla disponibilità del ministro dello sviluppo economico Corrado Passera, che, ieri in visita a Finale Emilia, ha aperto a possibili modifiche del decreto. Quel che è certo è che il conto del demolitore è già pronto e qualcuno dovrà pur pagarlo. Indovinate chi?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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