Facebook sotto accusa: l'algoritmo umilia le persone di colore

Facebook è corso ai ripari disattivando il controverso algoritmo di raccomandazione ed esprimendo scuse ufficiali

Facebook sotto accusa: l'algoritmo umilia le persone di colore

È scoppiata una feroce polemica ai danni di Facebook, con il social network accusato di scambiare "per scimmie" le persone di colore. A finire nel mirino delle critiche è stato infatti un algoritmo di raccomandazione sviluppato dal colosso digitale Usa e le anomalie di questo programma sono state ultimamente denunciate dal New York Times, costringendo l'azienda fondata da Mark Zuckerberg a correre ai ripari.

La testata newyorkese ha evidenziato questo fine settimana il fatto che un algoritmo di raccomandazione di Facebook domanda agli utenti, durante la riproduzione di un filmato che mostra persone di colore, se vogliano vedere "altri video di primati". Il video incriminato è di proprietà del giornale britannico Daily Mail, risale a più di un anno fa ed è intitolato L'uomo bianco chiama i poliziotti contro gli uomini di colore al porto turistico. Nonostante nella ripresa non compaiano afffatto scimmie ma solo uomini bianchi che battibeccano con individui di colore, quell'algoritmo Facebook interpreta quel video come contenente immagini di primati.

Dopo la denuncia fatta dal New York Times, l'azienda digitale è intervenuta disabilitando il controverso algoritmo di raccomandazione ed esprimendo scuse ufficiali. Un portavoce di Facebook ha quindi definito l'episodio "un errore chiaramente inaccettabile" e ha confermato che il software di raccomandazione incriminato è stato messo offline: "Ci scusiamo con chiunque abbia visto queste raccomandazioni offensive. Abbiamo disabilitato l'intera funzione di raccomandazione dell'argomento non appena ci siamo resi conto che stava accadendo, in modo da poter indagare sulla causa e impedire che ciò accada di nuovo".

Non è la prima volta che una delle principali aziende tecnologiche mondiali viene

accusata di pregiudizi razziali. Google, nel 2015, era stata infatti biasimata per etichettare, tramite la propria applicazione Google Foto, le immagini di uomini di colore come quelle di "gorilla".

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