Cultura e Spettacoli

Farsa capitali della cultura. Vincono solo gli amici del Pd

Concordo con il sindaco di Verbania, Silvia Marchionini: "Bisognerebbe avere più rispetto per il lavoro delle città non selezionate nel concorso per Capitale della cultura 2022"

Farsa capitali della cultura. Vincono solo gli amici del Pd

Concordo con il sindaco di Verbania, Silvia Marchionini: «Bisognerebbe avere più rispetto per il lavoro delle città non selezionate nel concorso per Capitale della cultura 2022». Nessun dubbio che i dossier di Verona, Pisa, Arezzo, Modica, Vigevano non fossero meno densi e ricchi di quelli di Verbania, Pieve di Soligo o Procida. Che una commissione, nella quale si distinguono solo Francesca Cappelletti, studiosa di Caravaggio, e Franco Iseppi, Presidente del Touring Club, possa immaginare, grazie a «titoli orali», capitale Italiana della cultura Pieve di Soligo, città memorabile per il Prosecco e per il poeta Andrea Zanzotto, con tutte le migliori intenzioni, escludendo Verona, quale sia stato il progetto presentato, ignorando le caratteristiche culturali, storiche e universali (per le quali basterebbe da sola l'attività dell'Arena), sembra una presa per il culo.

Quanto a Verbania, con le sue ville e monumenti da me apprezzatissimi, sono certo fin d'ora che non sarà prescelta. Perché è il criterio concorsuale per le Capitali della cultura che è ridicolo, voluto da Dario Franceschini nel 2015 come premio di consolazione per le città che persero la gara europea contro Matera. Ed erano, fra le altre, Venezia, Mantova, Urbino, Ravenna, Lecce, Lucca. Il premio di consolazione si inceppò alla terza indicazione: Pistoia, di cui era difficile capire le motivazioni della vittoria se non che era una città governata (all'epoca) dal Pd, come le precedenti Ravenna e Mantova, requisito non dichiarato ma evidentemente necessario. In quell'intero anno di «Pistoia Capitale della cultura» non si è avuto un segnale, se non un penoso logo fatto di intrecci colorati. Nessuno seppe che Pistoia era capitale italiana della cultura, né vi andò per stimoli diversi da quelli ordinari, già deboli.

Il tiro fu corretto nel 2018 con il titolo attribuito giustamente a Palermo, messa a concorso senza tenere conto di dimensioni, abitanti, tradizioni, musei, chiese, teatri, con temibili concorrenti come Comacchio, Settimo Torinese, Buseto Palizzolo... Dopo fu la volta europea di Matera 2019, che ha assorbito lo spazio di ogni altra capitale italiana. Parma, scelta felice, dal 2020, in virtù della situazione di emergenza, è slittata al 2021. Bari, con la foglia di fico delle altre città satelliti, si prepara per il 2022. Brescia e Bergamo sono state consolate della tempesta infettiva con la nomina per il 2023. Per le altre se ne riparla nel 2024. Una misura c'era, e io l'ho fatta adottare a Urbino e a Ferrara: non partecipare al ridicolo concorso canzonatorio voluto da Franceschini, evitare di umiliare grandi città come Verona e Pisa. Da stabilire «Capitali della cultura» per chiamata. Come mi scrive Mimma Perbellini, per intenderci: «Questa figuraccia, come tu avevi previsto, Verona se la poteva risparmiare». Bastava non avere l'ardire di tentare di misurarsi con Pieve di Soligo. E non si potrà non osservare, maliziosamente, che se nove delle dieci città arrivate in finale (!) sono a guida Pd, i quattro capoluoghi di provincia esclusi - Pisa, Verona, Arezzo, Isernia - e anche belle città come Vigevano, Scicli e Modica sono a guida centrodestra.

Fatalità.

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