Tutto è cominciato da una lettera pubblicata su IlGiornale. La firmava Giuseppe Morgante, il giovane legnanese sfregiato con l’acido dalla sua ex Sara Del Mastro, che è stata condannata ma non lo ha risarcito: “Per ristabilirmi - scriveva Morgante in un appello aperto a tutte le forze politiche - sono così costretto a ripetute operazioni e cure che faccio sempre più fatica a pagare, nonostante l’aiuto e l’affetto dei miei cari. Il mio difensore avvocato Domenico Musicco si batte perché alle vittime di delitti ad opera di persone non possidenti sia assicurato un risarcimento. A tale fine egli suggerisce la istituzione di un vero fondo di garanzia per le vittime di delitti sulla falsariga di quello per le vittime della strada”. Qualcosa, da allora, si è mosso. Morgante e Musicco hanno infatti incontrato a Roma Matteo Salvini, il sottosegretario del Ministero del Lavoro Tiziana Nisini e il senatore Emanuele Pellegrini della Commissione Giustizia del Senato, che hanno letto la bozza di legge promossa dall’Avisl Onlus, l’associazione del legale di Morgante.
"Oggi il Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti – spiega Musicco a IlGiornale – è accorpato a quello per le vittime di usura e di mafia. L’accesso gestito dalle prefetture e nel 2019 sono stati previsti gli importi. Il problema è che il Fondo di fatto non funziona. Teniamo conto che tale ente interviene solo quando il responsabile non è in grado di risarcire la vittima perché magari nullatenente. Ma per ottenere qualcosa bisogna spesso attendere anni, perché si deve aspettare la sentenza definitiva ed espletare prima ogni tentativo possibile per recuperare il denaro dal reo. A questo ostacolo si aggiunga che le cifre messe a disposizione sono infime e che ci sono casi in cui le casse risultano vuote. Eppure parliamo di un numero estremamente basso di persone da indennizzare, perché l’Italia ha, ad esempio, uno dei tassi di omicidi più bassi d’Europa, lo 0,53 per 100mila persone. La differenza è che nel resto d’Europa i risarcimenti funzionano".
Cosa avete pensato?
"Oggi in Italia i reati violenti sono considerati essenzialmente un problema della vittima. Noi riteniamo invece che si tratti di un problema anzitutto dello Stato, come sancisce l’articolo 2 della Costituzione sulla solidarietà economica e sociale. Deve quindi cambiare l’approccio e il metodo per avere accesso".
E come si dovrebbe fare?
"Noi pensiamo che vi si possa accedere dopo la richiesta di rinvio a giudizio con le aggravanti previste dal Fondo o in caso di archiviazione delle indagini contro ignoti. Il Fondo subentrerebbe così alla vittima o ai suoi parenti nella richiesta di risarcimento. Ovviamente nel caso in cui i procedimenti o successive indagini dimostrassero l’assenza dei presupposti per l’accesso o l’assoluzione dell’indagato con la formula “perché il fatto non sussiste”, le cifre corrisposte verrebbero revocate. Così come, per evidenti ragioni, sarebbe impedito l’accesso al Fondo a persone condannate per reati intenzionali violenti, mafia e usura. Ma questa nostra prospettiva costituisce l’unico modo per non tenere per anni sulla graticola persone già devastate dal dolore di aggressioni o morti violente senza sapere se riceveranno mai un ristoro".
Quanto spetta oggi a Morgante?
"Secondo la normativa attuale un massimo di 25mila euro di danni e 10mila di spese mediche, largamente insufficienti anche solo per le numerose terapie di cui necessita per via dell’acido e che sono tutte a suo carico. Basti pensare che per un delitto sono previsti 50mila euro, molto meno che per un incidente stradale mortale.
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