Tiziana Siciliano è un pm della procura di Milano con cui noi del Giornale non abbiamo ottimi rapporti, per usare un eufemismo. La abbiamo criticata e incalzata sull'inchiesta Ruby ter - a lei affidata - contro Silvio Berlusconi (e rimaniamo della nostra idea: dopo l'assoluzione definitiva del Cavaliere nel processo madre è infondata e pretestuosa) e lei non l'ha presa bene. Ciò non toglie che ieri abbiamo seguito con interesse la sua requisitoria al processo per la morte assistita del dj Fabo, portato a morire in Svizzera dall'esponente radicale Marco Cappato che per questo è accusato di istigazione al suicidio. Tiziana Siciliano ha chiesto per Cappato l'assoluzione piena perché il fatto non sussiste. Vedremo cosa deciderà la Corte.
E fin qui nulla di strano, ogni giorno i pm chiedono assoluzioni e condanne, a volte a vanvera. Ma se ho capito bene, la Siciliano non è convinta dell'innocenza di Cappato, né della sua colpevolezza. Semplicemente - e qui sta la grande novità - dice che la giustizia non è in grado, non è attrezzata, a entrare in quel campo dove il male assoluto (la sofferenza senza sbocco) si sposa con il bene assoluto (far terminare la sofferenza), per di più con in mano un codice penale fermo al 1930, epoca in cui scienza e coscienza erano ben diverse da oggi.
La domanda di fondo è: in questa vicenda ci sono vittima e carnefice, presupposto indispensabile per emettere una sentenza? Tiziana Siciliano - come molti di noi - non sa rispondere con certezze. Ma la sua non è incapacità né resa. È fermarsi di fronte a un mistero che ha già fatto e fa tentennare scienziati, teologi, cardinali e persino il Papa. Fa un certo effetto vedere un magistrato rinunciare a una verità, almeno quella giudiziaria, non per mancanza di prove o indizi ma per ciò che potremmo definire l'impossibilità umana di arrivare al punto. Ovvio che così si crea un vuoto pericoloso, una zona grigia dentro la quale può accadere di tutto, e questo - se la sentenza confermerà la tesi della Siciliano - sarà un problema non da poco.
Ma almeno per un giorno godiamo del fatto che forse per la prima volta anche un magistrato sostiene che non tutto al mondo è e dev'essere giudiziario-centrico, che gli uomini possono avere spazi e libertà di scelta anche fuori dai codici senza per questo doverne rispondere nelle aule dei tribunali ma semmai a se stessi e al Giudice Supremo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.