Cronache

Il giallo dell’accordo tra Spallanzani e Mosca

L'accordo tra lo Spallanzani e l'Istituto Gamaleya di Mosca è sotto la lente di ingrandimento per capire se i russi hanno avuto accesso a banche dati estremamente riservate e rischiose: ecco i sospetti

Il giallo dell’accordo tra Spallanzani e Mosca

Non si placano le polemiche, più che altro i sospetti, di quanto possa essere accaduto nell'aprile 2021 all'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani di Roma quando ai russi fu dato libero accesso ai database contenenti una miriade di informazioni, dalle cartelle cliniche dei pazienti Covid fino ai ceppi originali del virus per studiare e sviluppare il vaccino Sputnik mai utilizzato nel nostro Paese. Come ci siamo occupati sul Giornale.it, la visita fu il frutto dell'accordo tra il nostro Istituto e il corrispettivo russo, l'Istituto Gamaleya.

La risposta che non c'è

Quell'accordo, ormai decaduto a causa delle sanzioni occidentali contro Putin, riguardava lo scambio di materiale biologico con Gamaleya, in cui l'Italia avrebbe dovuto condividere i dati sui pazienti mentre i russi ci avrebbero dovuto fornire i risultati sul vaccino. Il sospetto però nasce per l'accesso alla nostra banca dati, non si sa per quale motivo. A gettare acqua sul fuoco ci pensa l'illustre prof. Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani, che a Repubblica ha affermato che "il rischio di trasferimento di dati sensibili è pari a zero". Nessuno, però, può metterci la mano sul fuoco perché non esistono registri a dimostrare la certezza espressa da Vaia, non si sa se i ricercatori abbiano preso davvero le cartelle cliniche dei pazienti oppure, cosa grave, se abbiano avuto accesso alla banca dati con le informazioni sensibili sui vaccini da usare in caso di guerra batteriologica, argomento purtroppo molto attuale in questo periodo.

I sospetti su Sputnik

Alla luce di un conflitto attuale in cui la Russia è messa ai margini da tutto il mondo occidentale, è chiaro che quel periodo torni d'attualità. I russi non hanno scritto alcuna relazione sul lavoro svolto a Roma se non l'accordo con Gamaleya, ma lì si tratta di semplici contratti di cooperazione scientifica. Vaia, però, è giustamente convinto (all'epoca) della bontà dell'operazione russa che viene "promosso" il siero Sputnik a discapito del siero italiano della ReiThera, la cui sperimentazione è stata bloccata dalla Corte dei Conti con la motivazione di "assenza di un valido e sufficiente investimento produttivo". Come sappiamo, il vaccino russo sarà poi utilizzato soltanto a San Marino e, come affermato di recente dall'Ema (Agenzia europea del Farmaco), il vaccino russo non ha mai fatto progressi (dopo due anni) e per questo mai autorizzato in Europa. "Lo Spallanzani non ha mai abbandonato il vaccino di ReiThera per concentrarsi su Sputnik-V. Sono stati due percorsi di ricerca totalmente distinti", taglia corto Vaia.

Il dissenso interno allo Spallanzani

All'interno dell'Istituto romano, però, qualcuno che ha storto il naso per quello che stava accadendo c'è stato eccome. Una fonte ha rivelato a Repubblica che Vaia fece arrivare alcune fiale del vaccino russo per farlo analizzare: l'operazione trovò il dissenso di alcuni dirigenti, poco tempo dopo dimessi, e di Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del laboratorio di virologia che per prima in Italia aveva isolato nel 2020 il Covid-19 in Italia, andata in pensione anticipatamente. Molti sostengono che sia avvenuto proprio durante la consegna di Sputnik. "Se dicono così, scrivetelo. Io non ho niente da dire. Se non che da questa storia voglio assolutamente restare fuori", afferma la dottoressa Capobianchi al quotidiano.

Quell'offerta rifiutata

Non solo, ma come ha svelato La Stampa, i russi avrebbero offerto 200mila euro a un alto dirigente dell'ospedale italiano: l'offerta fu subito rifiutata e, contestualmente, fu avvisata l'intelligence. "So che non fu sporta alcuna denuncia. Ove emergessero elementi anche di solo sospetto, non esiterei ad intraprendere tutte le azioni legali a tutela dell'Istituto", incalza Vaia, che sottolinea il suo lavoro e quello dei colleghi. "Lo Spallanzani non ha mai effettuato sperimentazioni sul vaccino Sputnik-V né abbiamo provato a farlo approvare saltando le normali procedure: non siamo la scorciatoia di nessuno".

La vicenda rimane, comunque, nebulosa: l'unica cosa certa è che, oggi, Kirill Dmitriev, direttore del Fondo sovrano russo, uno dei oligarchi colpito dalle sanzioni, firmò la collaborazione tra Roma e Mosca nell'aprile 2021.

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