Cronache

Il giallo del ragazzo ucciso: che fine ha fatto lo smartwatch?

Matteo Barbieri, il 18enne scomparso e poi trovato morto 10 giorni dopo, è stato spinto fuoristrada? E che fine hanno fatto telefono e smartwatch?

Il giallo del ragazzo ucciso: che fine ha fatto lo smartwatch?

Giallo di Anguillara Sabazia, Roma. Matteo Barbieri, il 18enne scomparso e poi trovato morto 10 giorni dopo, è stato spinto fuoristrada? Qualcuno avrebbe potuto soccorrerlo la notte stessa del drammatico incidente? È stato inseguito lungo la via Braccianese e poi fatto cadere nella cunetta fra le sterpaglie? Soprattutto: dove sono finiti il cellulare e lo smartwatch che Matteo per nulla al mondo avrebbe mai abbandonato?

Mentre la Procura della Repubblica indaga su questi e su mille altri interrogativi, domani mattina verrà eseguita l’autopsia sul corpo del giovane rinvenuto dalla polizia venerdì sera. Inutili, purtroppo, i tentativi di ricerca da parte dei familiari del ragazzo, che hanno battuto ogni chilometro del percorso fatto da Matteo quella notte maledetta fra l’11 e il 12 luglio scorsi. Dall’uscita della pizzeria “Capperi!“ nel quartiere romano della Balduina, dove vivono i genitori con i fratelli di Matteo, fino alla periferia nord della capitale. Da via Igea a via Trionfale, la statale Cassia e, infine, lungo la provinciale Braccianese Claudia ben oltre il quarto chilometro in direzione di Anguillara dove il ragazzo, da tempo, viveva con un suo conoscente. Inutili i droni usati, viste le condizioni in cui sono stati trovati sia il corpo che la moto, un’Honda CB 500 ABS, in mezzo ai rovi.

Le indagini. E se per qualcuno sarebbe bastato l’intervento dei cani addestrati per il ritrovamento di persone scomparse, si polemizza sulle indagini. Il caso di Matteo, fin dal primo giorno dalla denuncia dei genitori, è stato considerato come un allontanamento volontario. Secondo gli investigatori, insomma, il ragazzo dopo una giornata di lavoro avrebbe salutato la madre (nel pomeriggio) e poi la fidanzata, Diana, alle 24,36 del 12 luglio con il messaggio “Ciao amore. Sto tornando a casa” per poi nascondersi chissà dove. Perché? Insomma, per qualcuno Matteo avrebbe deciso di allontanarsi, di scomparire, senza nemmeno un cambio di biancheria con sé. Soprattutto dopo una faticosa giornata di lavoro. Per ben 8 giorni, fino alla mattina del 20 luglio, per la Procura di Roma si tratta di un modello K, ovvero allontanamento volontario. Venerdì scorso, finalmente, si apre un nuovo fascicolo d’indagine. Si indaga per omicidio. E si iscrivono alcune persone sul registro degli indagati. Il rinvenimento.

A quel punto ai carabinieri del Trionfale si affiancano i poliziotti del commissariato Flaminio. Sono loro ad accorrere alla segnalazione di una moto finita fuori strada. Accanto alla motocicletta c’è Matteo riverso sul terreno. Vicino trovano lo zainetto ma dello smartphone, a quanto pare, nessuna traccia. E non solo. Il mistero del cellulare. L’ultima volta che il telefonino di Matteo aggancia una cella di telefonia mobile lo fa all’incrocio con via del Casale di San Nicola, poco prima della biforcazione della Cassia con la Braccianese, all’altezza della stazione ferroviaria de La Storta. Praticamente a poco più di un chilometro di strada dal luogo del drammatico ritrovamento. Sempre dai tabulati e dalle registrazioni dei movimenti della sim di Matteo, il telefono sembra rallentare la sua corsa. Siamo a poco dopo l’una del mattino: coincide con il viaggio verso casa del ragazzo.

Gli inquirenti, insomma, annotano una stranezza: il cellulare non è più in rapido movimento, come se non fosse più a bordo di una motocicletta. Non è più attaccato al serbatoio rosso della moto di Matteo? “Cammina”, per così dire, ancora qualche centinaio di metri, come se qualcuno lo stesso portando via a piedi. Subito dopo viene spento. Chi l’ha preso? La scomparsa dello smartwatch. Quella sera al polso di Matteo c’era il suo smartwatch collegato al telefonino. Non lo usava sempre, Matteo, ci teneva tantissimo, temeva di romperlo. Accanto al corpo la polizia scientifica trova solo il cinturino di gomma.

Della cassa dello smartwatch, la “testa” del computerino, nulla. Qualcuno lo strappa dal polso del ragazzo forse agonizzante? E con la sua sparizione si perde anche l’ultimo segnale Gps. Chi ha sottratto lo smartwatch è anche qualcuno che non vuole far ritrovare Matteo. La sensitiva. È inquietante da raccontare, ma giorni prima del rinvenimento c’è una sensitiva di Padova, Maria Rosa Laboragine, che giura e spergiura di sapere dove si trova Matteo. O meglio sostiene di vedere una scritta, “San Nicola”, vicino a una rotatoria, un’Audi di traverso sulla strada con due persone, un uomo e una donna, che scendono dopo che Matteo è finito fuori strada, e che si allontanano lasciandolo a terra. Matteo è privo di sensi.

La donna ha già collaborato con le forze dell’ordine per il ritrovamento di Sara Scazzi e Noemi Durini. La sensitiva è sicura: “Potrei riconoscere quei volti senza alcun dubbio”. Le ipotesi più agghiaccianti a questo punto vanno dall’omicidio stradale, a un drammatico inseguimento finito in tragedia.

Ma chi potrebbero essere i nemici del giovane? Un gruppo di coetanei che avrebbe voluto dargli “solamente” una lezione? Una storia di gelosie fra ragazzi? Nuovi elementi potranno arrivare dall’esame del medico legale sul corpo del giovane.

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