La gravidanza, il parto in casa, poi l'abbandono: così è stata uccisa Diana

Alessia Pifferi è accusata di omicidio pluriaggravato della figlia di 18 mesi. Il retroscena sulla gravidanza: "Non sapevo di essere incinta fino al settimo mese"

La gravidanza, il parto in casa, poi l'abbandono: così è stata uccisa Diana

"Diana era un ostacolo alla mia libertà". Lo ha detto senza usare mezzi termini Alessia Pifferi, la mamma accusata dell'omicidio della figlioletta di 18 mesi, durante l'interrogatorio di ieri pomeriggio (venerdì 22 luglio). La 36enne ha raccontato alla polizia del "parto improvviso", della gravidanza scoperta soltanto al settimo mese di gestazione. Una versione inverosimile, secondo gli inquirenti, che getta ulteriori ombre sulla credibilità della donna. Intanto, poche ore fa, il gip Fabrizio Filice ha deciso di convalidare il fermo e di disporre per la donna la custodia cautelare in carcere. "Si tratta di una persona priva di scrupoli e capace di commettere qualunque atrocità per i propri bisogni personali legati alla necessità di intrattenere a qualunque costo relazioni sentimentali con uomini", ha spiegato il pm Francesco De Tommasi.

La gravidanza

"Non sapevo neanche di essere incinta". Sono state queste le parole di Alessia Pifferi quando, incalzata dalle domande degli inquirenti, ha svelato alcuni retroscena della gravidanza. La donna avrebbe scoperto di essere in dolce attesa il giorno del parto, quando già era al settimo mese. Quella mattina, la 36enne si trovava a casa del fidanzato 58enne, a Leffe, in provincia di Bergamo. La piccola Diana è venuta alla luce in bagno, il 29 gennaio del 2021, grazie all'intervento tempestivo dei soccorritori. Un racconto che gli inquirenti ritengono credibile solo in parte sostenendo che, in realtà, Alessia sapesse di essere incinta già dal terzo mese.

Il movente dell'omicidio

Alessia e il compagno si erano conosciuti su tinder. La loro relazione si era interrotta con la nascita della bimba poi, dalla scorsa primavera, i due avevano ripreso a frequentarsi. La 36enne ha raccontato agli inquirenti di aver lasciato la figlioletta da sola, per la prima volta, a maggio "ma solo poche ore". Il sospetto però è che tutto sia iniziato molto prima, quando la giovane mamma avrebbe realizzato che la piccola Diana era "un ostacolo" alle sue libertà. Un'ipotesi che, come ben scrive Pierpaolo Lio sull'edizione odierna del Corriere della Sera, necessita di ulteriori approfondimenti. Gli investigatori della Mobile, diretti da Marco Calì, e coordinati dal pm Francesco De Tommasi, stanno passando al setaccio tutte le chat sullo smartphone di Alessia. Dai messaggi agli appuntamenti concordati con uomini conosciuti online. Ed è proprio questo, secondo gli inquirenti, un possibile movente: "la necessità di intrattenere relazioni sentimentali a qualunque costo".

Gli sms

Ieri mattina, gli inquirenti hanno sentito anche i familiari di Alessia Pifferi. Pare che mercoledì scorso, il giorno in cui la 36enne è rientrata nel piccolo bilocale a Ponte Lambro, abbia inviato un sms alla madre: "Ieri Diana mi ha fatto tribolare. - avrebbe scritto - ma nulla di grave". A quel punto, la donna le ha chiesto se si trovasse con la piccola e Alessia le ha risposto di sì precisando che sarebbero "tornate a Milano in giornata".

Ma la bimba era già morta "per la fame e la sete", precisano gli investigatori. Nei prossimi giorni è atteso l'esito dell'esame tossicologico sul biberon. Non è escluso che la 36enne possa esser ricorsa alle benzodiazepine per sedare la figlioletta.

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