Coronavirus

"Terapia prematura rischiosa". La verità sull'alert sul cortisone

Una circolare dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna accusa i Medici di medicina di base per la prescrizione del cortisone nelle fasi precoci della malattia. La risposta della Fimmg

"Terapia prematura rischiosa". La verità sull'alert sul cortisone

Nelle ultime settimane, ai già numerosi casi Covid in aumento nella popolazione italiana, si è osservato un fenomeno nuovo: molti giovani hanno riempito gli ospedali di Bologna con sintomi da moderati a gravi finendo anche in terapia intensiva. Qual è il motivo? La variante inglese? Nemmeno per sogno: la colpa è tutta del cortisone.

La polemica del Sant'Orsola

La denuncia arriva dall'ospedale Sant'Orsola di Bologna dove gli infettivologi del Policlinico hanno messo sotto accusa i medici di Medicina generale rei, secondo loro, di prescrivere cure cortisoniche anche nelle fasi iniziali dell'infezione da Covid, nulla di più sbagliato. Per questo motivo, come riporta Repubblica, i Prof. Pierluigi Viale, Luciano Attard e Fabio Tumietto, primari del nosocomio bolognese, hanno scritto all'Ordine dei medici di Bologna chiedendo di diffondere la comunicazione. "Nei Ps di tutta Bologna stanno arrivando pazienti, anche giovani, con Covid-19 che hanno quale unico fattore di rischio il fatto di avere iniziato terapia con cortisone prematuramente", si legge sul documento che abbiamo allegato. L'accusa è chiara, e viene specificata qualche riga più sotto. "I mmg (Medici di medicina generale, ndr) devono essere consapevoli della loro responsabilità nel momento in cui si avventurano in tale ed altre prescrizioni fuori dalle linee guida", incalzano con la scritta in neretto e carattere maiuscolo, quasi come a volerlo gridare. Sì, perché secondo i tre infettivologi, "deve essere chiaro che un trattamento con cortisone iniziato entro 7 giorni dall'esordio dei sintomi favorisce la replicazione virale e quindi l'infezione e le sue conseguenze", anche in questo caso il carattere utilizzato è maiuscolo e neretto. Quindi, il cortisone dato all'inizio dei sintomi cosa provoca esattamente?

"Cortisone deleterio nelle fasi precoci"

"È una domanda che genera una risposta elementare per chi ha studiato medicina: il principio di non somministrare, precocemente, il cortisone nel Covid che è una malattia virale, è dovuto al fatto che il cortisone maschera i sintomi infiammatori", ci ha detto Renato Bernardini, Professore Ordinario di Farmacologia all'Università di Catania e membro del Consiglio Superiore di Sanità, spiegandoci come agisce una cura con i cortisonici e qual è "l'inganno" che accade nel caso del Covid. "Chi è positivo, con il cortisone crede di stare bene ma il virus ha tutto il tempo di riprodursi indisturbatamente perché il cortisone agisce soltanto sulla componente infiammatoria. Quindi, chi è positivo al tampone ed è asintomatico o paucisintomatico non deve prendere il cortisone", sottolinea il farmacologo catanese. Se è vero che elimina l'infiammazione, provoca un danno ben maggiore che è il motivo per cui tanti giovani di sana e robusta corporazione sono stati ricoverati a Bologna.

"Danneggia sistema immunitario". "L'immunosoppressione dovuta ai cortisonici permette al virus una migliore replicazione perché il sistema immunitario funziona molto di meno e nelle fasi precoci è deleterio", afferma Bernardini, perché il sistema immunitario della maggior parte dei giovani che viene a contatto con il virus "se lo mangia se asintomatici o se hanno una malattia irrisoria. Se togliamo questa difesa è come togliere un muro, il virus invece di scavalcarlo trova una strada dritta. La malattia non è provocata dal cortisone ma dalle conseguenze delle terapie con i cortisonici", aggiunge. Insomma, ad inizio malattia non è una giusta dare i cortisonici che vanno utilizzati in un'altra fase.

Sant'Orsola

"Si usa in fase avanzata di malattia"

"Il cortisone ci si riserva di farlo quando si vede che la malattia sta progredendo, viene la polmonite e si deve togliere efficacemente l'infiammazione". In questa fase si aprono due fronti che hanno fini ed obiettivi diversi. "Il primo è togliere l'infiammazione e si può fare cortisone o baricitinib. L'unico farmaco indicato, ad oggi, è il remdesivir anche se non ha dimostrato grande efficacia; in una fase in cui c'è polmonite importante io darei il cortisone con il remdesivir. In questo caso c'è un razionale perché il medico è cosciente che dà il cortisone per risolvere il problema primario, cioè l'infiammazione che sta scoppiando, ma si cerca di tamponare anche il virus con il remdesivir", spiega il farmacologo. Il dubbio resta: come è possibile che alcuni medici di medicina generale possano aver prescritto cortisonici? " Forse perché interpretano male le linee guida...".

La difesa della Fimmg

Dopo questo vespaio di polemiche, la categoria dei medici di base è insorta bollando come "diffamatorio e arrogante" il messaggio dei virologi del Sant'Orsola. Dal canto suo la Fimmg, Federazione dei medici di medicina generale, come riportato da BolognaToday, ha respinto le accuse al mittente sostendendo che "la responsabilità di comportamenti professionali medici, prescrittivi e comportamentali, è sempre individuale non di categoria“ e specificando che la "fantasia nei comportamenti prescrittivi, in una patologia ancora poco conosciuta, ha raggiunto livelli di difformità individuali che non sono appannaggio della sola medicina generale“. Poche ore dopo sono arrivare le scuse da parte del Prof. Viale, il quale ha parlato anche a nome dei suoi colleghi, perché è stata trasformata "la normale dialettica scientifica tra professionisti in un testo che è suonato come un atto di accusa e di sfiducia nella professionalità dei tanti colleghi che stanno combattendo con noi. Voglio ribadire con forza - prosegue - che non è assolutamente così e che da parte nostra permane una fiducia assoluta nel prezioso lavoro che la Medicina di comunità svolge e svolgerà in futuro nella battaglia contro Sars-CoV-2".

Terapie domiciliari: ecco il vademecum

Al Prof. Bernardini, prima di congedarlo, abbiamo chiesto cosa dovrebbe fare ogni paziente nell'ambito delle terapie domiciliari."Tutte le Regioni devono attenersi alle linee guida. La malattia si divide in tre fasi: lieve, moderata e virale. Ogni fase ha le sue caratteristiche ed ogni caratteristica va trattata in una maniera specifica. Il cortisone va dato nella fase in cui c'è un iniziale polmonite e si teme che l'infiammazione si possa espandere in tutto il polmone". L'Inghilterra, ci dice l'esperto, durante la prima ondata della pandemia ha usato il desametasone, il più potente cortisonico in commercio.

"Ma andava fatto in chi aveva l'infezione grave con la polmonite: venivano somministrate alte dosi per 3-4 giorni e la maggior parte ha avuto buoni risultati", conclude Bernardini.

Commenti