Esistono due Pd: uno di Letta e uno di governo. È un caso evidente di sdoppiamento della personalità politica. Uno che cerca in ogni modo di mettere i bastoni tra le ruote a Mario Draghi e uno che con lo stesso premier deve convivere e lavorare al governo. E il pacato ex primo ministro, da quando ha preso saldamente in mano la guida dei democratici, ha assunto il ruolo più aggressivo del sabotatore, come se volesse far scontare a Draghi quello che fece a lui Renzi. Un sabotatore molto più pericoloso di Salvini, che viene impallinato e trattato come un traditore della Patria dallo stesso Letta ogni volta che chiede di spostare il coprifuoco di cinque minuti. Ieri il leader del Pd, come se lo avessero appena catapultato sulla Terra da Marte, ha proposto con disinvoltura di aumentare le tasse di successione per chi ha un patrimonio superiore al milione di euro e con i proventi creare una «dote» per i diciottenni. In soldoni - che sono quelli che Letta vorrebbe scucire ai cosiddetti «ricchi», ma che tali non sono - una patrimoniale. Un delirio.
Dopo più di un anno di pandemia, di serrande abbassate e mai riaperte, di aziende e partite Iva abbandonate, con un -8,9 per cento di pil lasciato sul campo, la ricetta migliore che sa trovare la sinistra è sempre la stessa: aumentare le tasse. Se in tempi migliori abbiamo sempre bollato la patrimoniale come una follia socialista e vessatoria, oggi ci appare come il cinico accanimento di chi si trastulla sparando sulla Croce Rossa. L'ipotesi, per fortuna, è stata immediatamente stoppata dal premier con poche e sagge parole: «Non è il momento di chiedere i soldi ai cittadini ma di darli». Un'ovvietà per tutti. Non per l'agenda marziana del Pd che, stritolato nei sondaggi tra la Lega e Fratelli d'Italia, cerca di raccattare voti a sinistra. Legittimo, normale propaganda politica, verrebbe da dire.
Se non fosse che il Pd fa parte di un governo di unità nazionale che dovrebbe risolvere i problemi, non crearne.
Magari evitando di mettere sul tavolo temi marginali per il Paese, «fondamentali» solo per le beghe interne di partito, ma capaci di terremotare l'esecutivo: vedi l'accanimento talebano per l'approvazione del ddl Zan e la folle idea dello Ius Soli. È tempo di riaperture, non di chiusure ideologiche. Letta prima o poi deve decidere: o la lotta o il governo.
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