Coronavirus

I dubbi sui test sierologici: "Quelli rapidi non ancora affidabili"

Dai dubbi sui test rapidi, alla mancanza della "patente di immunità". Ecco i limiti dei test che individuano gli anticorpi nel sangue dei pazienti

I dubbi sui test sierologici: "Quelli rapidi non ancora affidabili"

Sono stati presentati come una delle armi per affrontare la fase due, per aiutare ad avere un quadro chiaro dei contagi da nuovo coronavirus in Italia. Ma i test sierologici, che cercano gli anticorpi nel sangue dei pazienti, suscitano ancora qualche dubbio e alcune perplessità.

Come funzionano i test sierologici

Si tratta di esami effettuati sul sangue dei pazienti. Il test cerca gli anticorpi, per capire se una persona è già stata infettata dal Covid-19. In particolare, ci si concentra sulle Immunoglobuline, che possono essere di due tipi: le IgM sono quelle che si manifestano entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi e indicano una possibile infezione forse in corso, mentre le IgG vengono prodotte dal nostre organismo solo dopo 14 giorni. Queste ultime costituiscono la "memoria immunitaria" e indicano un'avvenuta infezione da nuovo coronavirus. Sono gli anticorpi che dovrebbero proteggerci dal virus, ma gli scienziati non sono ancora riusciti a capire in quale misura e per quanto tempo rimane attiva la loro protezione. "Non sappiamo ancora quanto dura la memoria immunitaria e la quantità di anticorpi protettivi che consente di dire che una persona è immune- aveva precisato il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro- I test sierologici cercano di individuare questi anticorpi, però ci mancano molte informazioni per dedurne conclusioni certe. I test non ci dicono se l'infezione è in corso o risale al passato, se c'è positività poi deve essere valutata con un tampone. E quindi non devono indurre ad una rischiosa falsa sicurezza". I test sierologici, quindi, nono sostituiscono il tampone, in grado di rilevare la malattia mentre è in corso.

Non danno la "patente di immunità"

Questo tipo di esame, quindi, non è in grado di fornire la "patente di immunità" di cui si era parlato. "Non hanno alcuna valenza diagnostica- aveva precisato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana- ma semplicemente epidemiologica". Lo scopo di queste analisi, cioè, è quello di cercare di ricostruire il viaggio del virus in Italia, per capire la sua diffusione e la trasmissibilità tra le persone. Ancora molti dubbi, infatti, rimangono sulla possibilità che la presenza di anticorpi indichi l'immunità del paziente al nuovo coronavirus.

Nessuna traccia di quelli pubblici

Perplessità anche sui risultati dei 150mila test effettuati sui pazienti selezionati dall'Istat per l'indagine sulla diffusione del Covid-19 a livello nazionale. Lo scorso 25 aprile, il commissario all'emergenza Domenico Arcuri aveva annunciato che il 4 maggio avrebbero dato il via agli esami, per avere i primi risultati "in qualche settimana". Per il momento, però, i test non sarebbero ancora partiti e, secondo quanto ha appreso Agenzia Nova, solo ieri sarebbero partite le telefonate della Croce Rossa per contattare le persone selezionate. I tempi dilatati dai ritardi aumentano la difficoltà ad ottenere una fotografia affidabile relativa alle persone che sono venute a contatto con il virus. In attesa dell'avvio dei test del governo, molte Regioni si sono mosse, dando il via ad un'indagine interna.

"Quelli rapidi non ancora affidabili"

"Dal punto di vista concettuale il test rapido è magnifico: faccio un test sul sangue capillare, vedo se sono positivo o negativo, potrei farmelo anche da solo. Invece purtroppo non è così, perché i test rapidi al momento sono molto meno affidabili dei test sierologici" classici. Così, Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute ha messo in guardia dall'uso dei test sierologici rapidi, che danno il risultato in breve tempo, ma che non risultano affidabili. Molte perplessità, quindi, anche su alcuni dei mezzi usati per cercare gli anticorpi nel sangue delle persone.

Ma non c'è solo il problema dei test rapidi. "Una delle grosse domande è se possiamo utilizzare i test sierologici come primo screening per poi indirizzare la diagnostica mediante tampone- ha aggiunto Rezza- Io non sono chiuso a nessuna prospettiva, ma al momento questa mi lascia perplesso. Il problema maggiore è essere in grado di fare subito il test molecolare, il tampone, altrimenti lasciamo abbandonate le persone in un limbo, con un punto interrogativo".

Qualche perplessità, quindi, anche sull'uso dei "test sierologici per indirizzare la diagnosi": in caso di positività agli anticorpi, infatti, sarebbe d'obbligo ricorrere al tampone immediatamente, ipotesi difficile al momento.

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