Quei riti contro le notti dei diavoli. I Templari al tempo del Covid

Oggi i fedeli tornano a messa. Ci saranno anche i cavalieri templari: “Saremo in molte chiese ad aiutare i parroci"

Quei riti contro le notti dei diavoli. I Templari al tempo del Covid

“Ho sentito molto caldo. È stata una battaglia lunga e molto intensa, fisicamente faticosa. Ho sudato”. È l’inizio di una notte di aprile. Paolo è ancora in piedi di fronte al crocifisso, a casa sua. Ha appena trascorso l’ora a cavallo della mezzanotte raccolto in preghiera con una lunga sequela di Padre Nostro, Ave Maria e Gloria. Senza sosta. È una delle notti di tregenda, otto ricorrenze in cui le sette sataniche si ritrovano per i loro riti e i Cavalieri templari vi si oppongono con le orazioni. “Solitamente ci ritroviamo tutti insieme e preghiamo in cerchio tenendoci per mano”, racconta Paolo. Ma quest’anno c’è il coronavirus, e pure le sfide mistiche chiedono il distanziamento. “Questa volta ognuno l’ha fatto nel privato, abbiamo pregato per indebolire o spezzare quei riti satanici. Sappiamo che vengono fatti. Viviamo in un periodo in cui la lotta a livello spirituale è molto forte. Ho avuto la sensazione che ci fosse molto in gioco. È stato particolarmente intenso”.

Fa strano pensare che mentre tutta Italia cantava ai balconi “tutto andrà bene”, nel silenzio delle tenebre persone che si richiamano agli antichi monaci guerrieri combattevano, o pensavano di combattere, una lotta contro il maligno. L’immagine è mistica. E per quanto possa apparire strano, è vero che ancora oggi c'è chi cavalca i simboli dei Pauperes commilitones Christi e prova a risvegliare l'orgoglio perduto della cavalleria. I Templari Cattolici d’Italia lo facevano prima del 21 febbraio vestiti con il mantello bianco dei “poveri soldati di Cristo”. Lo hanno fatto durante il lockdown, chiusi in casa come tutti gli altri. E continueranno a farlo oggi che la Chiesa italiana torna a celebrare la messa con il popolo. “Saremo in molte chiese ad aiutare i parroci”, spiega Paolo. “Alcune diocesi ci hanno chiesto un aiuto ufficiale, sentivamo che la gente aveva bisogno della messa e abbiamo fatto il massimo per poter essere pronti per la ripartenza”.

Stando alle indiscrezioni, il documento utilizzato dalle diocesi italiane per organizzare il ritorno in chiesa è stato scritto da un cavaliere templare della diocesi di Verona, poi è stato girato alla conferenza episcopale veneta e infine è arrivato sul tavolo della Cei. “Il blocco è stato davvero difficile”, racconta Paolo, “Un vero dramma non poter partecipare alla celebrazione né poter ricevere fisicamente l’Eucaristia”. E poi la Pasqua senza liturgia, i decessi in sequenza, la messa del Papa di fronte ad una piazza così “vuota che mi ha fatto piangere”. “Alcuni di noi cavalieri sono morti per il virus. Molti parenti e amici ci hanno lasciato. Io vivo a Brescia e sentivo le sirene delle ambulanze correre avanti e indietro ad ogni ora. Il virus è un segno molto negativo, ma per un motivo semplce: ha allontanato e separato le persone. E tutto ciò che separa e divide è opera di Satana". Resta, però, quel "conforto spirituale che durante questi mesi è stato altrettanto vitale come il pane di cui ci cibiamo. Il fatto di avere impegni con i Templari, anche se solo online, mi ha aiutato a mantenere un senso di scorrimento del tempo. Dio è tornato ad essere al centro della mia giornata e non ho mai sentito quel senso di disorientamento che in tanti invece hanno provato”.

Paolo è un templare di vecchia data, per quanto giovane. Da ormai 15 anni cammina lungo il percorso dei Templari Cattolici d’Italia. Il suo grado di eques iustitiae, l’ultimo stadio dopo il novizio, l’armiger e il miles, non è in realtà un riconoscimento ufficiale. I Templari Cattolici d’Italia sono infatti un'associazione di laici riconosciuta dalla Chiesa, ma non un Ordine cavalleresco vero e proprio (soppresso nel 1312 da papa Clemente V). Dettagli, dirà qualcuno. Forse. Intanto in questa prima domenica post lockdown, il giorno in cui molti vedranno i templari all’ingresso delle chiese con mascherina e mantello, cade una ricorrenza molto sentita: la morte di Ugone dei Pagani, fondatore dell’Ordine dei cavalieri templari.

Templari

Era il 1118-1119, in Terra Santa, quando i primi "commilitoni di Cristo" si radunarono nell’Ordine del Tempio: l’arte della guerra e l'adorazione di Dio, monaci e guerrieri, una “santa milizia” nata per difendere i pellegrini cristiani dai saccheggi dei musulmani. “Abbiamo un forte legame con questa figura straordinaria - dice Paolo - che purtroppo non è riconosciuta come tale da tutti. Ugone è l’unico fondatore di un ordine monastico che non sia né Santo né beato nonostante avesse il riconoscimento e l’investitura di San Bernardo di Chiaravalle”. Difficile dire perché. Forse a quel tempo nessuno ne chiese la canonizzazione.

Di sicuro nessuno lo fece dopo la fine ingloriosa dell’ordine, travolto da intrighi di potere del Re di Francia, processi, torture e ingiuste accuse di apostasia, oltraggio a Cristo, riti osceni, connivenza coi musulmani, idolatria e sodomia. Era il 18 marzo del 1314 quando Jacques de Molay, ultimo maestro del Tempio, si alzò in piedi di fronte alla cattedrale di Parigi per difendere la memoria dell’Ordine prima che le fiamme lo avvolgessero. Da allora sono passati oltre 700 anni e qualcuno vorrebbe che almeno al fondatore fosse riconosciuto il merito di aver creato un ordine che “ha cambiato il volto di 200 anni di storia dell’Occidente e della cristianità”. Il riconoscimento non potrà certo arrivare in queste ore. Ma in 54 chiese d’Italia oggi sarà almeno l’occasione per celebrare una messa in suffragio di Ugone.

Forse tutto questo può apparire tutto fuori dal tempo. È comprensibile. Secoli fa i cavalieri morivano in battaglia per difendere il Santo Sepolcro, oggi presidiano le chiese, pregano, servono i parroci. Il mondo è cambiato, certo.

Ma modernità e tradizione a volte si mescolano, e ciò che ci sembra solo un rito medievale ormai abbandonato, in realtà persiste anche nel nuovo millennio. Come in quella notte di tregenda, in piedi di fronte al crocifisso.

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