Politica

I veri dissidenti sono i governisti

I Cinque Stelle si sono autoeliminati. Le ventiquattr'ore tra il 17 e il 18 febbraio vanno segnate sul calendario della politica italiana.

I veri dissidenti sono i governisti

I Cinque Stelle si sono autoeliminati. Le ventiquattr'ore tra il 17 e il 18 febbraio vanno segnate sul calendario della politica italiana. Non solo per la fiducia a Mario Draghi, ma anche per l'implosione dei grillini. Plastica. Evidente. In diretta tv. I 15 senatori e i 16 deputati che non hanno votato la fiducia al governo Draghi, hanno innanzitutto sfiduciato Crimi, Grillo, Di Maio e tutti i vertici del Movimento. Che hanno immediatamente provveduto ad espellerli. Tagliandosi fuori loro stessi dal gruppo. Perché forse bisognerebbe cambiare il punto di vista, indossare un altro paio di occhiali: cosa c'entra un Movimento pauperista, anticapitalista, allergico alla finanza, intollerante alle grandi opere, filo cinese e antieuropeista con l'esecutivo di Mario Draghi? Niente.

I Cinque Stelle sono quelli che chiamavano prenditori gli imprenditori, che demonizzavano i vaccini, che teorizzavano la decrescita felice e che volevano portare in tribunale per i guai di Mps tale Mario Draghi, davanti al quale oggi si sdilinquiscono in pelosi salamelecchi. E, da questa angolatura, gli espulsi sono i 69 senatori e i 153 deputati che hanno deciso di appoggiare il nuovo governo, che è esattamente l'antitesi del grillismo per come è nato e per come ce lo hanno raccontato in tutti questi anni. Sono loro che hanno lasciato il Movimento, non viceversa. Sono i becchini - teleguidati - che hanno seppellito definitivamente le stelle di Casaleggio. Dunque ha perfettamente ragione l'ex ministro e neo pasionaria Barbara Lezzi a protestare e candidarsi per il direttorio del Movimento. La stessa Lezzi che, non dimentichiamolo, sosteneva che a Taranto si potessero tranquillamente sostituire gli impianti dell'Ilva con la mitilicoltura, cioè l'allevamento di cozze: apoteosi del pensiero economico pentastellato. È cento volte più grillina lei del Beppe Grillo che marcia su Roma per costringere i suoi a votare Draghi. Non è un caso che tutti i sondaggi convergano sul fatto che un elettore dei Cinque Stelle su due non abbia fiducia in SuperMario. Ed è normale: perché è tristemente intuibile che un deputato appoggi qualunque esecutivo per non perdere poltrona, stipendi e prebende, ma per quale motivo un elettore dovrebbe seguirli in questo peregrinare sbandato da un governo all'altro nella totale contraddizione di se stessi? Il Movimento era già spaccato da mesi e la scissione, tra quelli che continuano ad essere devoti al credo del Vaffa e quelli che si sono convertiti alle buone maniere da damigella vittoriana, era inevitabile. Due anime incompatibili, che hanno convissuto - fino a ieri - solo perché tengono famiglia. Grillo, da vero guitto, nel giorno del funerale della sua creatura politica, fa il pesce in barile e svicola con una delle sue uscite surreali: «Ora i grillini non sono più marziani». Ma sarebbe più corretto dire che i grillini non sono più grillini. Ed è una buona notizia.

Ma forse anche Beppe Grillo, quello che ha dato il nome alla ditta, dovrebbe iniziare a porsi qualche problema di identità.

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