Coronavirus

"Immunità diffusa a Bergamo. I casi di ricontagio? Irrilevanti"

L'epidemiologo rassicura: "Gli abitanti del territorio hanno sviluppato più difese". L'attenzione resta alta, ma la situazione per ora è sotto controllo: "Nessun pronto soccorso è in sofferenza"

"Immunità diffusa a Bergamo. I casi di ricontagio? Irrilevanti"

L'incubo della scorsa primavera sembra essere ormai alle spalle. Il peggio è passato? Per il momento sì, ma la tregua momentanea non deve corrispondere a superficialità e sprovvedutezza. Nella prima ondata della pandemia Bergamo era risultata la provincia più colpita d'Italia. Numeri davvero drammatici. Tutti ricordiamo il corteo dell'esercito che portava le bare a Ferrara: il forno crematorio della cittadina lombarda non riusciva più a far fronte all'emergenza e perciò era stato necessario trasportare le salme altrove. Ora però, grazie soprattutto al sacrificio e al buonsenso degli abitanti, la situazione è totalmente cambiata: stando all'ultima rivelazione risalente alla prima settimana di novembre, il rapporto tra tamponi effettuati e tamponi positivi è del 13%. Mentre in tutta la Lombardia è del 21,2% e la media nazionale si aggira sul 15-16%.

Nella giornata di ieri i test positivi in provincia di Bergamo sono stati il 3% di quelli registrati in tutta la Lombardia. Come mai si è verificata questa radicale inversione di tendenza? A spiegare l'evoluzione del quadro complessivo è stato il dottor Alberto Zucchi. Tecnicamente non si può parlare di immunità di gregge, ma sicuramente vi è "un'immunità diffusa tra la popolazione", specialmente in quelle zone più colpite nella prima ondata. A rivelarlo sono le recenti indagini sierologiche: "In Valle Seriana, per esempio, abbiamo registrato oltre il 40% di sieroprevalenza nel campione esaminato e oggi quella zona è una delle meno colpite della provincia".

Ora Bergamo respira

È plausibile pensare che un'ulteriore prova possa essere rappresentata dal fatto che attualmente le zone più colpite della provincia sono quelle al confine con Milano e la Brianza, che invece avevano sofferto meno in primavera. A questo va aggiunto che "sono zone in continuità con le province attualmente più colpite in Lombardia, Milano e Monza". Senza dimenticare che indubbiamente l'attenzione alle regole e la collaborazione che i bergamaschi stanno continuando a dimostrare hanno inciso sull'inversione di tendenza: "Il prezzo pagato in primavera, sia in termini di morti (+587% a marzo rispetto allo stesso mese del 2019 Ndr) che di ricoveri in terapia intensiva, ha portato una diffusa consapevolezza".

Il responsabile del servizio di epidemiologia dell'Agenzia di tutela della salute (Ats) di Bergamo, nel colloquio con La Nazione, si è espresso anche sul complesso tema dei ricontagiati, ora al centro di alcuni studi per cui si stimano numeri molto bassi di casi accertati: "È una questione in cui pesano vari fattori". Adesso gli ospedali bergamaschi non sono più costretti a inviare i pazienti Covid negli altri nosocomi della Lombardia: "Il 40-45% dei ricoverati proviene da altre province. Nessun pronto soccorso è in sofferenza". Occorre comunque ribadire che alla base di ogni azione dovrà prevalere il buonsenso per non tornare nelle condizioni di marzo: "Continuare a rispettare le regole è l'unico modo per contenere il contagio

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