In manette il secondo presunto responsabile dell’omicidio di Franco Cangini, l'imprenditore rimasto ucciso il 19 novembre 2013 nel suo capannone di Seguro, una frazione di Settimo Milanese (Milano). I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un pregiudicato italiano. La vittima, insieme al figlio, aveva tentato di opporsi ad un tentativo di rapina presso la sua azienda di recupero metalli. Il primo uomo arrestato si chiama Antonio Rodella e, secondo quanto raccontato al pm Letizia Mannella, avrebbe sparato dopo essere uscito dal portellone di un piccolo furgone indossando una maschera da clown.
Ma sin dalla prima ricostruzione si era capito che il primo dei due aggressori non aveva agito da solo. Il secondo è stato inchiodato grazie a un mozzicone gettato a terra. L’uomo, Alberto Meloni, 49 anni, con precedenti per rapina, è stato scoperto grazie alle immagini del circuito di videosorveglianza dell’azienda in cui è stato commesso l’omicidio e grazie a una serie di incroci con i tabulati telefonici e con dei pedinamenti dei carabinieri che, dopo aver capito che avrebbe potuto essere lui, hanno raccolto un mozzicone di sigaretta da lui gettato a terra e l’hanno confrontato con il materiale biologico trovato sulla scena del delitto.
La dinamica dei fatti
Pochi minuti dopo le 7 del 19 novembre scorso un’auto guidata da un uomo entra nell’azienda con la scusa di comprare o vendere materiali ferrosi. Improvvisamente dal bagagliaio della vettura sarebbe scende un uomo armato che insieme al complice alla guida minaccia padre e figlio con l’intento di portare via qualcosa. Le due vittime della rapina reagiscono e ne nasce prima una colluttazione, che sfocia poi nei colpi di pistola sparati da uno dei due malviventi, ridotto a mal partito dalla veemenza del titolare della ditta. Due colpi raggiungono Cangini ferendolo a morte (muore all’ospedale) mentre un altro raggiunge alla spalla il figlio Igor, 26 anni.
Scattano subito le indagini e gli inquirenti partono da un numero parziale di targa sull’auto usata durante la rapina, che però montava la targa di un furgone rubato in una ditta. Sul telefonino del primo uomo arrestato figurava proprio il numero di un pregiudicato che lavorava presso quella ditta. Così hanno cominciato a seguirlo.
Le indagini, condotte dal Nucleo investigativo dei carabinieri del Gruppo di Monza e dalla Compagnia di Rho, hanno portato anche alla scoperta del movente: i due banditi si erano recati presso il capannone della vittima per rapinargli 30.000 euro che l’interessato teneva nascosto all’interno di un mobiletto in bagno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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