È la carica dei disoccupati. E purtroppo non sono 101, ma dodicimila. L'ottanta per cento dei 15mila candidati alle parlamentarie del Movimento 5 Stelle non ha un lavoro. E quindi spera di sistemare le proprie terga su uno scranno parlamentare. Logico. Lavorare è logorante, molto meglio una bella poltrona a Montecitorio. D'altronde, già tra gli attuali parlamentari pentastellati, la percentuale di non occupati è altissima: vedi Di Maio e Di Battista. Mani intonse che non hanno mai sfiorato un impiego.
Dodicimila persone che partecipano a quello che sembra essere il più grande concorso statale della storia. Per statali di lusso, s'intende. Perché - è evidente - ormai gli anticasta subiscono terribilmente il fascino della casta e non vedono l'ora di farne parte. Di potersi attovagliare al grande banchetto della politica.
Così la «democrazia diretta» è diventata un concorsone e il sistema Rousseau un gigantesco ufficio di collocamento per sfaccendati. È la lotteria a Cinque stelle: in palio seggi e ricchi rimborsi spese.
Per carità, la crisi morde e trovare un'occupazione non è facile. Ma governare la cosa pubblica è il lavoro più impegnativo al quale possa ambire un cittadino. Al Paese servono persone che abbiano un curriculum all'altezza della situazione, non la tessera di disoccupazione. In un momento così delicato serve competenza, non incompetenza. I dilettanti allo sbaraglio li abbiamo già visti a Roma, Torino, Livorno e tra i banchi del Parlamento. Ed è stato un pessimo spettacolo, decisamente non all'altezza del capocomico.
Ma il Movimento 5 Stelle, ancora una volta, non ha imparato dai suoi errori. Non ha capito che per governare - una piccola città come un Paese - serve una classe dirigente e non un esercito di cialtroni improvvisati.
Non basta essere iscritti al blog e ripetere a memoria i deliri di Casaleggio. E poi la grande carica degli sfaccendati racchiude un paradosso: chi non è riuscito a trovare un lavoro per se stesso come pensa di trovarlo ai nostri tre milioni di disoccupati? Candidandoli tutti in Parlamento?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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