Coronavirus

Isolata in Italia la variante "Xj": ecco perché è l’equivalente di Xe

Scoperta per la prima volta in Italia la variante "Xj", frutto di una ricombinazione tra Omicron 1 e 2 come è avvenuto per la variante Xe: ecco il parere degli esperti

Isolata in Italia la variante "Xj": ecco perché è l’equivalente di Xe

Una nuova variante del Covid, sarebbe meglio dire ricombinazione, la "Xj", è stata isolata per la prima volta in Italia, a Reggio Calabria, dal laboratorio dell'Asp del capoluogo calabrese diretto dalla dottoressa Maria Teresa Fiorillo. "Il virus è stato individuato in due persone, si tratta di una ricombinazione dei ceppi di Omicron 1 e Omicron 2 e comporterebbe un aumento della contagiosità", ha spiegato l'Asp con una nota. I campioni sono stati inviati all'Istituto Superire di Sanità che, come riferito dalla stessa Azienda sanitaria provinciale, ne ha validato la scoperta.

Perché non sarebbe una variante

La Xj è una forma ibrida e, finora, era stata individuata in un numero limitato di casi, segnalati alla fine di marzo, in Finlandia. L'annuncio dell'isolamento della nuova variante è stato dato dal commissario straordinario dell'azienda, Gianluigi Scaffidi, insieme al capo del Dipartimento di Prevenzione, Sandro Giuffrida. La buona notizia è che, dalle prime informazioni, "la sequenza isolata nei due casi rilevati di Xj, equivalente di Xe, non fa seguito ad una mutazione del virus ma, più precisamente, ad una fusione di componenti genetiche di Omicron": per questo motivo non è stata depositata nelle banche dati internazionali. Come riporta Repubblica, sempre secondo le primissime indiscrezioni, Xj sarebbe più contagiosa. In pratica, è come fosse un "doppione" di Xe: non è avvenuta una mutazione, ma la fusione di alcune componenti genetiche. Non trattandosi di una nuova variante, in questa fase non serve farsi prendere dalla psicosi di un nuovo pericolo che non c'è.

"Non è più cattiva"

Intervistato dall'Agi, il microbiologo Massimo Clementi, professore di microbiologia e virologia dell'Ospedale San Raffaele di Milano e direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dello stesso ospedale, ha affermato che la variante Xj fa parte dello stesso filone evolutivo. "I virus mutano o si ricombinano. In questo momento non c'è indicazione che possa essere più cattiva, forse sarà più 'brava' a infettare, ma lo vedremo".

Il precedente di Xe

Sembra una barzelletta ma è la storia evolutiva dei virus, in questo caso di Sars-CoV-2: neanche il tempo di parlare di Xe che ne è spuntata fuori un'altra. Come abbiamo visto sul Giornale.it, rilevata per la prima volta il 19 gennaio nel Regno Unito, la Xe è una "una variante ricombinante, ovvero che ha unito in sé parti di Omicron Ba.1 e di Omicron Ba.2", ha spiegato il prof Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e professore di Nefrologia all'Università degli Studi di Milano. Non si esclude la possibilità, spiega il professore, che possa già essere presente anche in Italia.

Ma come è possibile che si creino questi mix? Un soggetto potrebbe essere stato infettato contemporaneamente da due varianti diverse e i virus durante la replicazione, conferma Remuzzi, possono subire un mescolamento del materiale genetico. "L’unica arma di difesa che abbiamo è potenziare i sistemi di sequenziamento per non farci cogliere impreparati.

Ricordiamo però che, quando 'vediamo' qualcosa, è perché la diffusione è già iniziata", conclude l'esperto.

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