Cronache

Ira d'Israele dopo il tour in Vaticano di Abu Mazen: smetta di attaccarci

Il presidente palestinese ha visto ieri il Papa. A Tel Aviv le sue dichiarazioni non sono piaciute per nulla

Abu Mazen e Papa Francesco si incontrano in Vaticano
Abu Mazen e Papa Francesco si incontrano in Vaticano

Sarà stata anche breve, ma la visita di Abu Mazen in Vaticano, con l'incontro tra il presidente palestinese e papa Francesco non è passata inosservata a Tel Aviv, che anzi ha fatto le sue rimostranze, criticando quella che gli israeliani ritengono essere un'incoerenza di fondo del leader.

"C'è da dolersi che Mahmud Abbas utilizzi forum internazionali per attaccare Israele, mentre si astiene dal tornare a negoziati che rappresentano il modo corretto per realizzare una visione politica e una soluzione di pace", ha scritto il ministero degli Esteri israeliano in una nota.

"La Palestina non è una terra di guerra; è piuttosto una terra di santità e virtù come Dio voleva che fosse", aveva detto ieri Abu Mazen in un commento alla sua visita in Vaticano. Non la prima, perché già c'era stato nel 2013.

"Chiediamo ai cristiani palestinesi di restare con noi e godere dei diritti di piena cittadinanza, e affrontare con noi le difficoltà della vita fino a quando raggiungeremo la libertà, la sovranità e la dignità umana", aveva aggiunto il presidente palestinese.

Parole che alle autorità israeliane non sono andate giù, tanto da aprire la strada a una nota in risposta del ministero degli Esteri, con il Pontefice che nel frattempo ad Abu Mazen chiedeva di essere "un uomo di pace", auspicando una risoluzione della pluridecennale questione israelo-palestinese.

Al Pontefice ha risposto il rabbino capo di Roma, Riccardo Segni, secondo cui di angeli c'è bisogno, "ma devono essere angeli veri e pace vera. Speranza sempre ma anche fatti concreti".

In Vaticano c'erano oggi delegazioni di molti Paesi, inclusi Israele e Palestina, arrivati per la canonizzazione di due suore, le prime sante palestinesi dell'era moderna, vissute a cavallo tra XIX e XX secolo. "Un segno che possiamo parlare delle tre religioni senza discriminazioni", secondo il patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal.

Ma se si parla di Stati e non di fede, allora la situazione cambia drasticamente.

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