Cronache

Gli sbarchi e l'ira dei sindaci: "Qui ora può esplodere tutto"

Dopo gli sbarchi della scorsa settimana un gruppo di dodici sindaci del ragusano avvertono il governo: "La paura della malattia, le limitazioni delle libertà personali e la crisi economica stanno alimentando una crescente rabbia sociale"

Gli sbarchi e l'ira dei sindaci: "Qui ora può esplodere tutto"

Nonostante il decreto con cui il governo ha disposto la chiusura dei porti per tutta la durata dell’emergenza sanitaria gli sbarchi sulle coste siciliane non si fermano.

Prima i cento migranti approdati a Pozzallo nel giorno di Pasqua, poi i 77 arrivati a Portopalo, in provincia di Siracusa. In 150, a bordo della nave Alan Kurdi, della Ong tedesca Sea Eye, stanno aspettando di poter essere trasferiti su una nave dove passeranno due settimane in quarantena. Un’operazione che secondo alcune ricostruzioni giornalistiche potrebbe costare al governo italiano un milione di euro.

I dati del Viminale parlano di 437 persone sbarcate in Italia dall’inizio di aprile, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Oggi, però, con la pandemia che incombe, il dossier immigrazione desta ancora più preoccupazione. Oltre a scatenare rabbia e proteste. Nelle scorse settimane a manifestare erano stati i lampedusani, dopo che il sindaco Totò Martello, aveva fatto sapere che negli hotspot dell’isola non c’era più la possibilità di assicurare il distanziamento sociale tra i migranti.

Dopo gli sbarchi di Pasqua 32 sindaci della provincia di Agrigento si erano rivolti al presidente del consiglio, Giuseppe Conte, chiedendogli di intervenire "per predisporre tutte le misure utili e le strutture necessarie per l’accoglienza e la sicurezza dei migranti nel rispetto delle norme restrittive per il contenimento del coronavirus". "Mentre chiediamo grandi sacrifici ai cittadini per evitare il diffondersi del virus non possiamo assistere a continui sbarchi con soluzioni improvvisate per accogliere i migranti utilizzando luoghi poco sicuri", si lamentavano i primi cittadini.

Oggi un nuovo grido d’allarme arriva dai primi cittadini della provincia di Ragusa. È in questo territorio, nel centro azienda Don Pietro, che sono stati trasferiti domenica scorsa i cento migranti arrivati a Pozzallo. Resteranno nella struttura per due settimane in isolamento. Ma per il futuro la richiesta al premier Conte e alla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, è quella di agire "senza esitazioni e con la massima tempestività, anche al fine di evitare tensioni".

"La paura della malattia, le limitazioni delle libertà personali e gli effetti già lancinanti della crisi economica stanno alimentando una crescente rabbia sociale a cui è necessario negare ogni nuovo possibile appiglio", mettono in guardia i sindaci di 12 comuni, tra cui Roberto Ammatuna, primo cittadino di Pozzallo, e quelli di Ragusa, Scicli, Comiso, Ispica, Santa Croce, Acate, Giarratana e Monterosso. La soluzione individuata per far fronte all’ondata di partenze, che rischiano di intensificarsi con l’arrivo del bel tempo, è quella del "trasferimento in navi attrezzate dove potere effettuare la quarantena in sicurezza".

L’idea, appoggiata anche dal presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, è stata definita "di buon senso, rapida e in linea con ogni parametro di accoglienza, che tutela tutti: migranti, operatori, cittadini, forze dell'ordine". Intanto Giuseppe Cassì, sindaco di Ragusa assicura a Radio Cusano Campus che nella struttura che ospita il gruppo "la situazione è sotto controllo". "I migranti – ha fatto sapere - sono tutti giovani e in buona salute", e, ha annunciato, alla fine del periodo di quarantena saranno "ricollocati secondo gli accordi internazionali".

"È chiaro - ha però ribadito - che in un momento già delicato, gestire quest'ulteriore emergenza è complicato". "In questo momento storico particolare - ha poi aggiunto - i nostri territori non sono pronti a gestire un'emergenza di questo tipo".

"È ovvio - ha concluso il politico - che la gente che sta subendo limitazioni, ha da fronteggiare un'emergenza sanitaria, economica e sociale, di fronte ad una situazione del genere ha una reazione molto negativa".

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