Che le cose della politica vadano di corsa, non è certo una novità. Ma in pochi, solo un mese e mezzo fa, avrebbero potuto immaginare che la Lega di Matteo Salvini si sarebbe ritrovata ad essere uno dei partiti più stabili se non il più stabile di tutta la variegata maggioranza che sostiene il governo guidato da Mario Draghi.
Certo, l'implosione del M5s prima e del Pd dopo hanno dato un buon contributo. Così come un certo nervosismo di Italia viva per il ritorno in pista di Enrico Letta o le acque agitate in cui versa +Europa dopo lo strappo di Emma Bonino e le dimissioni da segretario di Benedetto Della Vedova.
Eppure, a prescindere dai guai degli altri, è fuor di dubbio che la maggior parte degli osservatori si attendevano un Carroccio in equilibrio su un doppio binario, costretto ogni giorno a tenere insieme la Lega di governo guidata da Giancarlo Giorgetti e quella di lotta che fa capo a Salvini. Almeno ad oggi, non è stato così. Contro tutte le previsioni e nonostante un inizio un po' burrascoso. Non è un mistero, infatti, che sulla nomina dei tre ministri della Lega (Giorgetti allo Sviluppo economico, Massimo Garavaglia al Turismo ed Erika Stefani alla Disabilità) l'ex titolare dell'Interno non abbia praticamente avuto voce in capitolo, altra circostanza che aveva lasciato supporre a molti una navigazione piuttosto burrascosa per l'esecutivo Draghi. Soprattutto se si fosse arrivati ad un nuovo lockdown, questione su cui Salvini ha sempre avuto una linea molto netta.
E invece, proprio nel primo giorno in cui l'Italia diventa una sorta di gigantesca zona rossa, il leader della Lega non tocca il tema chiusure e, anzi, dice di vedere «segnali incoraggianti» da parte del governo. Poi, certo, replica al neosegretario del Pd Letta sulla questione ius soli, ma non poteva essere altrimenti. Al netto di come la si pensi in proposito, infatti, non c'è dubbio che il tema è fortemente diviso per una maggioranza così eterogenea come quella che sostiene oggi l'ex presidente della Bce. È un po', insomma, come se Salvini avesse rilanciato i decreti sicurezza e la chiusura dei porti. Tutti l'avrebbero interpretata come una provocazione. E invece, questa volta, è stato il Pd ad accendere politicamente parlando - la miccia. Nonostante sia vero, come fa notare lo stesso Letta, che quello sullo ius soli è stato un passaggio di pochi minuti in circa un'ora e mezza d'intervento nel quale, peraltro, l'ex premier ha disegnato il suo Pd del futuro e non certo l'azione del governo Draghi nei prossimi mesi.
Difficile capire quanto e se durerà l'inatteso approccio di Salvini. Di certo, però, dopo le prime incomprensioni, con Draghi è riuscito a stabile un rapporto diretto e raccontano non solo nella Lega ma anche alcuni ministri lontani anni luce dal Carroccio cordiale. Al punto che i due si sentono ripetutamente al telefono, l'ultima volta tra domenica e ieri mattina per un aggiornamento sulla campagna vaccinale e sul problema AstraZeneca. D'altra parte, è vero che il partito di Salvini è quello che ha dato meno pensieri al premier. Ne sono ben consapevoli anche a Palazzo Chigi. Dove hanno prima assistito con una certa preoccupazione agli stravolgimenti dentro il M5s (e, probabilmente, non sono troppo rassicurati da una futura leadership di Giuseppe Conte).
Per poi essere spettatori passivi dell'addio di Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd, un partito completamente paralizzato in questo primo mese di governo. Tanto che proprio a Palazzo Chigi qualcuno ha notato una certa «assenza» dai dossier di alcuni ministri dem, più concentrati sui destini del partito che sull'azione dell'esecutivo.
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