La lettera sulle "sette eresie" divide "bergogliani" e "tradizionalisti"

Dopo la pubblicazione della lettera che accusa il Papa di aver sostenuto "sette posizioni eretiche" i sacerdoti si dividono fra chi critica l'iniziativa e chi la sostiene, ma non si pronuncia per paura di essere emarginato

La lettera sulle "sette eresie" divide "bergogliani" e "tradizionalisti"

Non è la prima volta nella storia che un pontefice viene accusato di “eresia”. E, forse, non sarà nemmeno l’ultima. Senza dubbio, però, si tratta di una circostanza insolita. Per questo la lettera che accusa Papa Francesco di aver sostenuto “sette posizioni eretiche” nell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia, firmata da decine di religiosi e laici, si è subito guadagnata le prime pagine di tutti i giornali. I sottoscrittori della correctio filialis, fra cui spiccano teologi eminenti, come monsignor Antonio Livi, e laici del calibro dell’ex presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi, in sintesi, dichiarano che il pontefice avrebbe diffuso, “direttamente o indirettamente”, tramite il suo magistero, "sette eresie” che riguardano “il matrimonio, la vita morale e la recezione dei sacramenti”. Ed insistono affinché il Papa le “condanni”. Il riferimento è, in particolare, ad alcuni passaggi dell’Amoris Laetitia sul tema dell’accesso ai sacramenti per i divorziati e risposati che convivono more uxorio, giudicati “ambigui”. Gli stessi che furono già oggetto, nei mesi scorsi, dei “dubia” presentati al pontefice dai cardinali Raymond L. Burke, Walter Brandmüller, Joachim Meisner e Carlo Caffarra.

Nessuna replica dal Vaticano

Finora, non ci sono state reazioni ufficiali da parte della Santa Sede, che sembra non voler enfatizzare troppo la questione. Ma il clero appare diviso tra favorevoli e contrari all’iniziativa. “Mi sembra che si tratti di persone in buona fede, che hanno a cuore l’interesse della Chiesa - dice un sacerdote americano che intervistiamo a Piazza San Pietro - hanno il diritto di chiedere chiarimenti al Papa ma, allo stesso modo, il Santo Padre ha il diritto di decidere se rispondere o meno”. “Forse, però, potevano aspettare a renderla pubblica per permettergli di replicare”, continua. “Ci sono stati alcuni precedenti, ad esempio con Papa Giovanni XXII nel 1333 o nel 1968 quando un gruppo di teologi criticò l’enciclica Humanae Vitae”, prosegue il presule, “ma di certo non è una cosa comune, per niente”.

I "sostenitori" di Francesco

“È normale che vi siano opinioni diverse all’interno della Chiesa - rassicura, invece, un religioso portoghese - è già successo con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”. Ma sono molte le voci critiche rispetto al documento e alle sue modalità di pubblicazione. Per un sacerdote spagnolo che incontriamo poco dopo, “non dovrebbero essere i sacerdoti ad indirizzare il Papa”. “Penso che sia stata un’iniziativa inopportuna - rilancia un prete italiano - queste persone non hanno capito il magistero di Papa Francesco e la sua attenzione pastorale verso tutto e tutti”. “Tra i firmatari - accusa un giovane diacono - ci sono persone che, per partito preso, sono contrarie al Papa e che vorrebbero tornare indietro”. Ma sul punto dell’accesso alla comunione per i divorziati e risposati, continua il ragazzo, “la valutazione caso per caso è da interpretare nel segno della tradizione e quindi le parole del Papa si collocano pienamente all’interno del magistero della Chiesa”. Bisognerebbe approfondire di più anche secondo un sacerdote sudamericano: “Il Papa sta cercando di dare una risposta a situazioni difficili, come quella dei divorziati e risposati, e per problemi come questo non esistono soluzioni rapide”.

L'autocensura delle voci critiche

Altrettanti, però, sono i sacerdoti che decidono di non rispondere alle nostre domande e che si affrettano a liquidarci. L’argomento, infatti, per alcuni, sembra essere un vero e proprio tabù. E tra quelli che si rifiutano di rilasciare interviste c’è anche qualcuno che, a telecamere spente, si dichiara d’accordo con le posizioni sostenute dai firmatari della correctio filialis. Ci assicurano di pregare ogni giorno per il Papa, ma c’è bisogno, spiegano, che il pontefice chiarisca alcune affermazioni giudicate “ambigue”. Chi la pensa così, però, preferisce non esporsi per evitare le conseguenze che potrebbero scaturire da una simile presa di posizione. Il timore, è quello di essere emarginati o, ventilano alcuni, addirittura sollevati dai propri incarichi. A sposare le tesi contenute nella correzione filiale indirizzata al Papa, quindi, ci assicurano, non sarebbero solo i 68 firmatari della lettera, ma anche centinaia di sacerdoti che, per ora, non vogliono uscire allo scoperto.

Il dialogo che "arricchisce"

Tuttavia, c’è anche chi pensa che lo scontro in atto sia riconducibile allo stile inedito del pontificato di Francesco e non alla sostanza delle posizioni espresse dal pontefice. “Eretico direi proprio di no, più che altro, a volte, si sbilancia troppo velocemente, ma questo è dovuto al fatto che proviene da un altro mondo e da un’altra cultura”, spiega un prete ortodosso che passeggia lungo via della Conciliazione.

“Ha una cultura diversa e uno stile diverso nel presentare le cose” - ribadisce un sacerdote americano - “ma a ben vedere sono molti di più gli elementi di continuità con il vecchio pontificato rispetto alle differenze”. “Ben vengano le voci critiche a patto che siano costruttive”, afferma infine un altro presule che fermiamo mentre corre verso il suo ufficio in Vaticano, “più sono le voci, più significa che la Chiesa è viva”.

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