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Ma un liberale non sarà mai nazional-populista

Forse è ora che il vicepremier metta tutte le carte in tavola

Ma un liberale non sarà mai nazional-populista

Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, ospite ieri di una convention di Fratelli d'Italia a Milano, ha detto che il centrodestra è un contenitore che va archiviato e sostituito con uno nuovo, fondato sul populismo e sul nazionalismo. Se le parole hanno un senso la Lega archivia quindi l'esperienza pluriventennale del centrodestra moderato e guarda altrove, candidandosi a guidare un nuovo polo «populista e nazionalista». Un mix di parole che evoca una delle grandi tragedie del Novecento, quel nazional-socialismo tristemente noto come nazismo, «visione nazionalista del socialismo radicale, populista, razzista e totalitaria». Mette i brividi il solo scriverlo e sono certo che questo non è il punto di approdo che hanno in testa Giorgetti e Salvini. Ma resta comunque una direzione del cambiamento in atto, direzione che non può, immagino, essere imboccata dalla parte liberale, fino a ieri maggioritaria, del centrodestra storico e oggi ancora rappresentata politicamente da Forza Italia e assai diffusa nel Paese, sia pure nell'area del non voto.

Aspettiamo conferme, ma se le cose stessero davvero così, se Giorgetti non avesse voluto solo ingraziarsi la platea sovranista di Fratelli d'Italia, saremmo alla svolta temuta dai liberali all'indomani delle elezioni prima e del governo gialloverde poi. Nonostante le ripetute rassicurazioni formali di Salvini, la Lega nazionalista sta sposando il socialismo grillino, come si evince chiaramente dal contenuto della manovra economica appena approvata. E oggi ci dice, per bocca di Giorgetti, che non si tratta di una scelta tattica e momentanea, figlia di un risultato elettorale anomalo, ma di un fatto strategico: usare gli elettori di destra per andare a sinistra non più per questione di sopravvivenza personale, come fecero Fini, Alfano e Verdini, ma come nuova ragione sociale.

Non abbiamo mai negato il nostro appoggio a Matteo Salvini ma forse è ora che il vicepremier metta tutte le carte in tavola. Non vogliamo fare come Giovanni Toti che sembra pronto - l'ha ribadito anche ieri - a salire sul suo carro senza condizioni. A noi i sondaggi non fanno paura, ci sono alcuni principi che non si contano ma si pesano.

Il nazional-socialismo è tra questi e non può fare parte in alcun modo dei nostri orizzonti.

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