Coronavirus

Perché l'indice R0 è "bugiardo": tutte le falle nelle previsioni

R0 ed Rt indicano la diffusione di una pandemia basandosi su complessi sistemi modellistico-matematici. Ma la realtà è variabile e caotica, ecco perché serve intervenire sui singoli focolai e con tracciamenti mirati

Perché l'indice R0 è "bugiardo": tutte le falle nelle previsioni

Tutti siamo ormai convinti che l'indice R0 e l'indice Rt, utili a calcolare la diffusione del Covid-19, siano il "Vangelo" del grado di diffusione della pandemia. Ma è davvero così?

Cos'è l'R0

In realtà, diversi studi dimostrano la loro imperfezione rispetto alla realtà, specialmente per quanto riguarda l'R0. "È un numero che viene calcolato sulla base di un nuovo virus in una popolazione suscettibile ed è calcolato supponendo che tutto rimanga costante nel tempo", ci ha detto in esclusiva il Prof. di Matematica e Biomatematico Andrea Pugliese, componente del Senato accademico dell'Università di Trento. È quel "supponendo" che fa capire, in partenza, che questi modelli matematici vanno presi sempre con le molle e non per oro colato. "Si tratta di un modello idealizzato nel quale si suppone che tutte le persone siano uguali fra loro, interscambiabili", ci dice.

Ma cos'è l'R0? È il parametro che valuta l’andamento di un’epidemia provocata da una malattia infettiva, nella sua fase iniziale, in assenza di interventi. Rappresenta il cosiddetto "numero di riproduzione di base", cioè il numero medio di infezioni secondarie causate da ciascun individuo infetto in una popolazione che non sia mai venuta in contatto con un determinato patogeno, nel nostro caso il virus Sars-CoV-2. "È quello che succede all'inizio di un'epidemia quando non si sa nemmeno che esiste e c'è una diffusione del tutto incontrollata", ci dice il Prof. Pugliese. In pratica, è quanto accaduto più o meno tra dicembre e marzo.

"R0 ad inizio dell'epidemia del Covid, in Lombardia, era sopra il 3, cioè in media ogni persona ne infettava più di tre. Dopodiché sono state fatte varie misure (distanziamento, mascherine ecc.) in cui la media è diminuita. Sopra tre significava che bisognava ridurre più di tre volte i contatti per far in modo che quel numero scendesse sotto l'uno, in modo tale che la curva non potesse più crescere", ci ha spiegato il biomatematico.

Cos'è l'Rt

"Adesso, però, siamo in una condizione diversa: R0 si riferisce alla situazione idealizzata in cui tutto è costante nel tempo. In realtà quello di cui si parla adesso è l'Rt, un indice che si calcola più su base empirica a partire dai dati registrati e cerca di stabilire quanto, in questo momento, sia il numero effettivo". In pratica, l'R con t, come si definisce nel linguaggio parlato, indica invece il tasso di contagiosità dopo l’applicazione delle misure atte a contenere il diffondersi della malattia, la misura della potenziale trasmissibilità della malattia legata alla situazione contingente, cioè la misura di ciò che succede nel contesto. "Rt cerca di misurare quanto accade in questo momento, il potenziale di crescita dell'infezione", ci dice il Prof. Pugliese.

Gli errori dei modelli

Trattandosi di modelli matematici va da sè che, per quanto aiutano possano darci, nella vita reale esistono centinaia di variabili diverse che da soli non possono prevedere. Qual è l'affidabilità degli indici? "Sono poco affidabili quando vengono fatti su numeri bassi, come accadeva d'estate e su regioni piccole. Erano poco affidabili in quel periodo. In questo momento, a causa purtroppo dei casi molto più numerosi, dal punto di vista statistico Rt è un indice più affidabile", afferma Pugliese.

"Valore Rt inappropriato"

Al Prof. Pugliese fa eco il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, che auspica "un cambio di rotta su criteri di monitoraggio e dati open”, commentando, ad Huffington Post, le evidenze del report della Fondazione indipendente Gimbe, riferito alla settimana compresa tra il 4 e il 10 novembre. "Il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perché, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti”, ha puntualizzato Cartabellotta perché “ viene stimato solo sui casi sintomatici, circa 1/3 dei casi totali, si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100% dei casi, determinando una sottostima dell’indice, è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni” e “quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio”. Il sistema adottato in questo momento, dunque, “fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima”.

Questo fa capire come, d'estate, contemporaneamente ad un virus meno aggressivo di adesso, la tracciabilità era ugualmente fuori controllo a causa dei numeri bassi. "Se i numeri sono piccoli possono esserci oscillazioni casuali, la statistica in questo caso è poco affidabile". Negli Stati Uniti è stata creata una rete chiamata "network epidemiology" che pone particolare attenzione alle reti di trasmissione della malattia. In questo modo, dicono gli studiosi, si riesce a modellare meglio la distribuzione delle infezioni secondarie, ovvero la distribuzione dei contagi causati dagli infetti, come si legge in un'intervista a Repubblica. "Questo ci permette, a differenza di R0, di tenere conto che, probabilmente, ci sarà una maggioranza di persone positive al Covid che non infetta nessuno, e ci saranno invece altri che infetteranno 10 o 20 o più persone".

I punti di forza dell'Rt. "L'R0 iniziale in questo momento non ci serve più ma serve monitorare l'Rt per due motivi - afferma il Prof. Pugliese - Il primo è per capire se la curva dei contagi cresce e se le strutture sanitarie sono in difficoltà, il secondo serve a comprdendere qual è lo sforzo che bisogna fare". Ma, come sottolinea lo stesso Prof., nessuno è in grado di prevedere esattamente quali saranno gli effetti sulla trasmissione in base alle misure di contenimento adottate. "Se l'indice è 1,2 basta diminuire del 20% i contatti, si ha una situazione stazionaria e potrebbero bastare misure più blande; se è 1,5 o addirittura 2 sono necessarie misure più forti. L'indice è importante, assieme alla conoscenza delle situazioni negli ospedali e nelle terapie intensive".

I punti di debolezza. Quindi, l'Rt è un indice statistico utile su una grande popolazione e dà un'idea della circolazione del virus, Dopodiché, però, "bisogna fare indagini mirate sui singoli focolai e sui tracciamenti che possono permettere di stimare anche la parte relativa alla superdiffusione", sottolinea Pugliese. "Dà un'idea del potenziale di trasmissione che sta avvenendo adesso e di quanto ci possiamo aspettare nelle prossime settimane e qual è lo sforzo necessario per riportare la cosa sotto controllo. È chiaro, però, che non dice tutto, il mondo è più complicato di un singolo numero".

Il ritardo delle informazioni. Le informazioni, come ormai sappiamo, vanno "lavorate": i nuovi casi giornalieri che apprendiamo sui quotidiani e nei tg in realtà indicano i numeri di alcuni, molti giorni fa. "Quando si dice che l'indice misura quello che succede adesso non è proprio vero perché sta cercando di stimare quanto successo qualche giorno fa", afferma Pugliese. Inoltre, per cercare di contenere la pandemia, è fondamentale non tanto il giorno della diagnosi ma è "più importante sapere il giorno in cui si sono manifestati i sintomi perché dà un'idea più utile ma richiede un lavoro sui dati che necessita di qualche giorno. Oltre al ritardo intrinseco c'è anche un ritardo nel raccogliere tutte le informazioni necessarie".

L'indice K

Infine, un altro indice detto "di dispersione" misura quanto può essere variabile il numero di persone contagiate da ciascun infetto: possono esserci tante persone che ne infettano soltanto una oppure una che, da sola, ne infetta dieci mentre le altre nove non infettano nessuno. In pratica indica la super diffusione: "più il numero è vicino a zero maggiore è la superdiffusione, quindi la proporzione dell'infezione portata dai superdiffusori. In questo caso, la cosa più importante da fare è controllare questi eventi di superdiffusione".

Ma non è facile riuscire a ricostruire il tracciamento quando un certo numero di infetti provengono da un singolo caso. "Sono indagini che si possono fare quando l'infezione è poco diffusa, se gli infetti sono migliaia è molto difficile riuscire a tracciare", conclude Pugliese.

Ad Hong Kong ed in Corea, ad inizio pandemia, si è visto che circa l'80% delle infezioni erano causate soltanto dal 20% degli individui.

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