Economia

L'industria perde pezzi. Ci salvano vino e design

Il Paese scopre nel vino e nel design i motori del Pil mentre da Condotte a Embraco pesano debiti e tagli al personale

L'industria perde pezzi. Ci salvano vino e design

A trainare il Pil dell'Italia non è più l'industria «pesante» italiana come quella dell'acciaio dell'Ilva, o le costruzioni di Condotte, rimaste a secco di liquidità. Sono i successi del «capitalismo leggero» di cui oggi si fanno portabandiera i distretti del vino e del design, come dimostra il boom di presenze al Vinitaly di Verona e al Salone del mobile, in questi giorni a Milano.

Partiamo dalla crisi di Condotte, per la quale in questi giorni siamo al redde rationem. Ieri è scaduto il termine fissato dal tribunale di Roma per la presentazione del piano per il concordato preventivo ma la soluzione che consenta di rilanciare l'azienda non è vicina. Tanto che oggi il dossier sarebbe dovuto finire sul tavolo del Mise ma la riunione tra ministero, impresa e sindacati è saltata per l'improvvisa scomparsa di un rappresentante sindacale. Per domani è invece fissato un incontro tra Oxy Capital Italia e le banche creditrici: sul piatto i 100 milioni offerti dal fondo di private equity per acquisire il controllo della società.

La crisi del gruppo controllato dalla holding Ferfina (della famiglia Bruno Tolomei Frigerio) non è però isolata. Con le peculiarità del caso, è una delle punte dell'iceberg del malessere che ha colpito alcuni pezzi da novanta dell'industria pesante. Mentre corrono i portabandiera i distretti del vino e del design, come dimostra il boom di presenze al Vinitaly di Verona e al Salone del mobile in questi giorni a Milano. Lo stato di salute del settore è eccellente, ed è testimoniato anche dalla sua capacità di occupare a livello di distretti le prime posizioni nella classifica per performance di crescita e redditività con il Prosecco di Conegliano, i vini del veronese e quelli delle Langhe. Quanto al design, l'export ammonta a quasi 22 miliardi l'anno. Al Salone milanese partecipano duemila aziende espositrici, 650 designer under 35 per tremila visitatori attesi. Per un contributo della filiera legno-arredo alla bilancia commerciale italiana nel 2017 pari a 7,5 miliardi. Dall'altra parte abbiamo, invece, 162 tavoli di crisi aziendale aperti al Mise, parliamo dei dati più alti degli ultimi sei anni, alimentati dalle grandi aziende siderurgiche e di elettrodomestici.

Per alcune big delle costruzioni il filo rosso che accomuna le crisi porta anche verso lo Stato, che non aiuta. I gruppi hanno molti debiti: tre miliardi aggregati. Astaldi ha in fase di studio una manovra di rafforzamento patrimoniale da 400 milioni e Trevi (partecipata da Cdp Equity) è in cerca di nuovi capitali per far fronte a un indebitamento di almeno 600 milioni. Il problema è che il 70% delle imprese di costruzioni registra ritardi nei pagamenti. L'attesa media per un'azienda che realizza lavori pubblici è di 156 giorni (5 mesi) contro i 60 giorni previsti dalla normativa comunitaria. Ma c'è anche chi aspetta 180-195 giorni. A tutto ciò si aggiunge la macchina burocratica italiana che spesso blocca i cantieri o i contratti per decenni e i contenziosi aperti con le stazioni appaltanti. Il caso di Condotte, oltre un miliardo di fatturato e tremila occupati, è quello più lampante: e commesse non mancano: il gruppo ha un portafoglio ordini di quasi 6 miliardi, tra cui la Città della salute a Sesto San Giovanni (900 milioni) e il nodo dell'alta velocità di Firenze (l'opera commissionata da Rfi che vale circa 800 milioni). A oggi però i lavori per la Tav fiorentina sono costati circa 100 milioni, anticipati dall'azienda per pagare la fresa, un milione circa al mese di stipendi e manutenzione per tenere aperto un cantiere fermo da anni. Solo per i lavori di Firenze, l'azienda sostiene di avere un contenzioso aperto con Rfi per quasi 500 milioni. Non solo. La metà del fatturato di Condotte è prodotto in Italia e la pubblica amministrazione deve ancora pagare a Condotte 900 milioni, quasi la metà del debito. A sua volta l'azienda è impegnata verso le banche per 800 milioni. Il problema, dunque, è anche a monte e si chiama Stato: il pubblico non paga e gli istituti non garantiscono più.

Nel caso di Condotte, si è aggiunto di recente anche l'arresto del presidente del consiglio di gestione, Duccio Astaldi, coinvolto in un'inchiesta su una presunta tangente per i lavori dell'autostrada Siracusa-Gela.

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