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Linea Speranza o aperturisti, lite nel governo

Nel primo Consiglio dei ministri operativo dell'era Draghi, la politica prova lentamente a riprendersi i suoi spazi

Linea Speranza o aperturisti, lite nel governo

Nel primo Consiglio dei ministri operativo dell'era Draghi, la politica prova lentamente a riprendersi i suoi spazi. Sul tavolo c'è il decreto con le nuove misure anti-Covid e, seppure la linea che passa è quella rigorista che aveva già contraddistinto il Conte 2, il tentativo è quello di imporre una discontinuità rispetto al precedente esecutivo. In primo luogo sul fronte dei ristori e del coinvolgimento diretto delle Regioni, ma - in prospettiva - anche su un eventuale ammorbidimento delle chiusure, cosa su cui batte da tempo il centrodestra. Non solo Fratelli d'Italia, che è rimasto all'opposizione. Ma pure Lega e Forza Italia, che sono invece in maggioranza. Linea, peraltro, condivisa da Italia viva di Matteo Renzi, visto che sul punto il presidente del partito Ettore Rosato non esita a schierarsi con il fronte aperturista. «Serve un cambio di passo, un allentamento delle misure per le zone gialle dove va riaperto qualcosa, a partire dai ristoranti la sera. Su questo ha ragione Matteo Salvini», spiega a pochi passi dal Transatlantico il vicepresidente della Camera.

C'è, insomma, una forte spinta per cercare di ridare fiato alle attività che più sono state penalizzate dalla pandemia, a partire dai ristoranti e fino alle palestre. E il fatto che ieri Dario Franceschini, da sempre sostenitore della linea del rigore, abbia auspicato in un'intervista al Corriere della Sera che l'Italia possa essere «il primo Paese d'Europa a riaprire cinema e teatri» a qualcuno è parso un segnale di un imminente cambio di marcia. D'altra parte, è cosa nota, il ministro dei Beni culturali è uno che l'aria la sa fiutare con settimane se non mesi d'anticipo.

Del pressing che arriva dal mondo produttivo, in particolare quello del Nord, ha provato in qualche modo a farsi portavoce il ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini, ben consapevole di quanto il tema sia decisivo per l'elettorato di centrodestra (non a caso nelle ultime 48 ore in alcune chat della vecchia guardia azzurra della Lombardia qualcuno aveva manifestato perplessità). È stata lei, in Consiglio dei ministri, ad auspicare una revisione dei criteri del monitoraggio, dando più peso alle ospedalizzazioni rispetto all'indice RT. Mentre il titolare della Pubblica amministrazione Renato Brunetta avrebbe ipotizzato di intervenire con misure restrittive sui singoli comuni piuttosto che su provincie o regioni. Insomma, agire su territori più circoscritti. Un ragionamento su cui si sarebbe trovato d'accordo anche il ministro per lo Sviluppo Giancarlo Giorgetti.

A passare, però, è la linea del ministro della Salute Roberto Speranza, nettamente contrario a qualsiasi tipo di allentamento e fortemente preoccupato dalle varianti del virus. D'accordo con lui il titolare del Lavoro Andrea Orlando e quello della Difesa Lorenzo Guerini. Ed è proprio il fronte Pd-Leu che porta a casa il primo round, in piena continuità con la linea del Conte 2. Secondo Mario Draghi, infatti, non è ancora il momento per abbassare la guardia. Poi, certo, è fondamentale il monitoraggio, quindi il governo è in attesa del report dell'Istituto superiore di sanità che dovrebbe arrivare nel weekend per capire come muoversi nelle prossime settimane. Perché, spiega il premier, bisogna fare il possibile per conciliare la priorità della salute pubblica con lìesigenza di mettere al più presto un freno alla crisi economica. Di qui, l'intenzione di muoversi con ristori contestuali agli eventuali provvedimenti restrittivi, anche se non riguarderanno regioni ma zone più piccole.

Poi, certo, sarà decisivo come procederà la campagna vaccinale. Non è un caso che il tema sia stato oggetto ieri di un lungo colloquio tra Draghi e Angela Merkel in vista del vertice straordinario dei capi di Stato e di governo della Ue previsto per giovedì e venerdì.

Un «primo contatto preliminare», spiegano da Palazzo Chigi, per favorire un «esercizio condiviso» della gestione della pandemia e della campagna vaccinale.

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