Coronavirus

L'Inps svela i veri numeri dei morti: la cifra choc sul Coronavirus

I veri numeri del Coronavirus: mancano oltre 20mila morti all'appello, l'Inps cerca di definire con precisione l'andamento della curva dei decessi dall'inizio del 2020

L'Inps svela i veri numeri dei morti: la cifra choc sul Coronavirus

L'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) torna sul numero complessivo di vittime del Coronavirus, denunciando una sottostima del totale da parte della Protezione civile. Mancherebbero almeno 20mila morti, facendo riferimento come parametro di valutazione all'analisi della mortalità registrata durante i mesi di diffusione della pandemia. "La quantificazione dei decessi per Coronavirus, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal dipartimento della Protezione civile, è considerata poco attendibile" rivela l'ente in un comunicato riportato da AdnKronos, "in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall'esecuzione di un test di positività al virus".

Non solo, anche il luogo in cui un decesso si è verificato può divenire un elemento fondamentale su base statistica in grado di alterare i numeri complessivi. "Mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero, è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa", si legge ancora nel documento.

"Il periodo dal 1° gennaio al 28 febbraio 2020 registra un numero di decessi inferiore di 10.148 rispetto ai 124.662 attesi dalla baseline. Il periodo dal 1° marzo al 30 aprile 2020 registra un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi. Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo è stato di 27.938. A questo punto ci si può chiedere: quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971, di cui 18.412 tutti al Nord?", si domanda l'Inps, cercando poi di trovare una risposta plausibile per il quesito. "Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all'epidemia in atto".

Una mortalità, in effetti, incrementatasi nettamente nei mesi dell'epidemia, dato che l'inizio del 2020 era stato caratterizzato da un calo del parametro in questione. "Il 2020, tra gennaio e febbraio, si avviava ad essere un anno con una mortalità inferiore a quella attesa, considerando la media tracciata dalla 'baselinè statistica: -8% in media, -7% per gli uomini e -9% per le donne, di cui -9% al Nord, -9% al Centro e -7% al Sud. Quanto alle classi d'età, la diminuzione più forte si era registrata fra 0 e 49 anni (-13%), poi 60-69 anni (-12%), 70-79 anni (-10%), 80-89 anni (-9%), 50-59 anni e da 90 anni in su (-4%)". Un calo registrato in tutte le province italiane, fatta eccezione per Matera, Vibo Valentia e Teramo.

Da marzo e aprile, invece, "emerge immediatamente un cambio di segno per quanto riguarda la differenza del numero dei decessi rilevati rispetto a quelli attesi". Le cause possono essere molteplici, come riferisce ancora l'Inps. "L'andamento dei decessi, nel periodo considerato, è stato condizionato sia dall'epidemia che dalle conseguenze del lockdown. Sia in negativo, ad esempio per le persone morte per altre malattie perché non sono riuscite a trovare un letto d'ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio. Sia in positivo, pensando alla riduzione delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro per lo smartworking e il blocco dell'Italia.

Per comprendere al meglio le vere conseguenze dell'epidemia", ribadisce l'ente nel documento, "si dovrà aspettare di debellare completamente il virus, il che avverrà presumibilmente tramite un vaccino o una terapia antivirale efficace", conclude.

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