"L'Italia nomini un inviato speciale per la libertà religiosa"

È l'appello al governo italiano della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Nell'ultimo biennio si è registrato un boom di violazioni della libertà religiosa in tutto il mondo, soprattutto nei confronti dei cristiani

"L'Italia nomini un inviato speciale per la libertà religiosa"

Seguire l’esempio di Usa, Gran Bretagna, Ungheria, Polonia, Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Norvegia e istituire la carica di inviato speciale per la libertà religiosa. È l’appello rivolto al governo italiano dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che nelle scorse settimane ha dato alle stampe il Rapporto 2021 sulla libertà religiosa nel mondo. Uno studio svolto in decine di Paesi, da cui è emerso come 5,2 miliardi di persone, circa il 67 per cento della popolazione del globo, viva in nazioni in cui la libertà di culto è fortemente minacciata. Dall’estremismo islamico ai regimi autoritari, dalle nuove tecnologie alla pandemia, sono molteplici le sfide con cui le minoranze religiose nel mondo devono fare i conti. Per questo l’organizzazione propone di nominare anche nel nostro Paese un inviato speciale che possa "sia per assumere un ruolo identificabile e incisivo a livello internazionale, sia per confermare che il diritto di professare liberamente la fede religiosa".

Un diritto che, ricorda Acs-Italia, è sancito dall’articolo 19 della Costituzione italiana, e che "deve essere promosso in ogni sede internazionale, nazionale e locale, quale diritto inviolabile di ciascuno”. Una figura di questo tipo è già prevista da Stati come l’Ungheria, che ha nominato un Segretariato di Stato per la Persecuzione Cristiana, o Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia, Finlandia, Polonia, Germania o Regno Unito, che negli anni passati hanno istituito o riattivato il proprio inviato speciale o ambasciatore per la libertà religiosa. Anche gli Stati Uniti hanno promosso una Alleanza internazionale per difendere e riaffermare questo diritto fondamentale. Un diritto che, secondo i dati emersi dalla ricerca di Acs, viene violato in 62 Paesi su 196.

A perseguitare le minoranze religiose, soprattutto quella cristiana, sono i gruppi radicali islamici che si diffondono sempre più nel continente africano, protagonista di una crescente radicalizzazione, ma anche in Asia, con l’obiettivo di creare un Califfato transnazionale. Poi ci sono i governi autoritari o quelli che portano avanti le istanze del gruppo etnico o religioso dominante. È il caso del Pakistan, dell’India, della Cina o della Corea del Nord, ma anche di Nepal, Sri Lanka e Myanmar. Con l’avvento della pandemia la situazione si è addirittura aggravata, con le discriminazioni che sono aumentate in molti Paesi, dove gli aiuti umanitari sono stati negati alle minoranze. Non solo. C’è pure chi ha calcato ulteriormente la mano, approfittando dell’emergenza sanitaria per applicare "limitazioni sproporzionate al culto religioso". Senza contare le teorie diffuse soprattutto via social per "stigmatizzare alcuni gruppi religiosi accusati di aver diffuso o addirittura causato la diffusione dell’infezione".

Il problema delle persecuzioni religiose in molti Paesi del mondo era stato affrontato anche dall’Assemblea Generale dell’Onu che il 28 maggio del 2019, su proposta polacca, sostenuta da Usa, Canada, Brasile, Egitto, Iraq, Giordania, Nigeria e Pakistan, aveva istituito la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime di atti di violenza basati sul credo religioso il 22 agosto. "Questa risoluzione racchiude un messaggio ben chiaro e rappresenta un mandato ad agire affinché gli atti di violenza religiosamente motivati non possano e non siano tollerati dalle Nazioni Unite, dagli Stati membri e dalla società civile", sottolineava nell’ultimo report di Acs il presidente della fondazione, Thomas Heine-Geldern. Sempre nel 2019 fu Donald Trump il primo presidente americano ad ospitare un’altra iniziativa dell’Onu, l’Appello globale per la libertà religiosa internazionale.

Ma stando ai numeri presentati dalla fondazione pontificia serve vigilare ancora. "La protezione di coloro che subiscono violenze a sfondo religioso è anche un riconoscimento del diritto umano fondamentale alla libertà religiosa", ha continuato Heine-Geldern nella prefazione al Rapporto 2021.

Un diritto che, come disse il papa emerito Benedetto XVI durante la 44esima Giornata Mondiale della Pace "è radicato nella stessa dignità della persona umana, la cui natura trascendente non deve essere ignorata o trascurata".

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