Cronache

Lombardia, la Consulta boccia la legge anti-moschee: "È incostituzionale"

Per i giudici della Corte Costituzionale la legge anti-moschee della regione Lombardia “determina una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrisponda alcun reale interesse di buon governo del territorio”

Lombardia, la Consulta boccia la legge anti-moschee: "È incostituzionale"

Rende “aleatoria” la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto e “comprime” irragionevolmente la libertà religiosa. Per questo la legge cosiddetta “anti-moschee” varata dalla Regione Lombardia è stata dichiarata incostituzionale. A dirlo è la Consulta che con la sentenza numero 245 ha accolto il ricorso del Tribunale amministrativo regionale lombardo, annullando le disposizioni introdotte nella disciplina urbanistica della Lombardia dalla legge regionale n.2 del 2015 sui “principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi”.

Lo scorso ottobre i giudici amministrativi di Milano avevano obiettato che la normativa di Palazzo Lombardia non garantisse “tempi certi di risposta alle istanze dei fedeli interessati” per la costruzione di nuove moschee, generando una situazione di “attesa a tempo indeterminato e di incertezza” che violerebbe la “libertà religiosa”. Una preoccupazione, quella del Tar della Lombardia, condivisa dai giudice della Corte Costituzionale che hanno rilevato la questione di legittimità costituzionale. “La libertà religiosa garantita dall’articolo 19 della Costituzione comprende anche la libertà di culto e, con essa, il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare”. Di conseguenza, sottolinea la Consulta, nel disciplinare l’utilizzo del territorio “il legislatore deve tener conto della necessità di dare risposta a questa esigenza e non può comunque ostacolare l’insediamento di attrezzature religiose”.

La Corte Costituzionale si era già pronunciata in merito nel 2016, bocciando tuttavia solo due passaggi della normativa, senza scalfirne l'impianto. A essere giudicata "discriminatoria", in quell'occasione, fu, in particolare, la parte della legge che imponeva restrizioni sulla costruzione di nuovi luoghi di culto a tutte quelle confessioni che non dispongono di un’intesa con lo Stato Italiano. Questi gruppi religiosi avrebbero dovuto dimostrare di poter contare su una “presenza diffusa” sul territorio e di voler impegnarsi a “rispettare i principi e i valori” costituzionali.

Ora ad essere contestati sono due commi dell'articolo 72. Il primo è quello che pone come vincolo per l’apertura di qualsiasi nuovo luogo di preghiera “l’esistenza del piano per le attrezzature religiose (Par)”. L'altro, invece, riguarda l’obbligo di adozione del piano delle attrezzature religiose “unitamente al piano di governo del territorio (Pgt)”. Questo secondo i giudici, conferirebbe all’amministrazione un potere smisurato, che rende “incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto”.

Il risultato delle due “norme censurate”, spiegano infatti i giudici, era quello di “determinare una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio”. La battaglia legale contro la legge anti-moschee è nata su iniziativa di alcune associazioni di musulmani che si erano dovuti scontrare con il diniego di diversi comuni lombardi, come quello di Sesto Calende, nel Varesotto, riguardo l’apertura di nuovi centri islamici sul territorio.

"La Corte Costituzionale ha sì abrogato due commi che riguardano l'iter amministrativo per i nuovi luoghi di culto e alcuni presupposti, ma la legge regionale della Lombardia per il resto rimane pienamente in vigore", ha chiarito però l'assessore regionale al Territorio e Protezione civile, Pietro Foroni, che, pur rispettando la sentenza, ha espresso perplessità riguardo le motivazioni della Corte. "I luoghi di culto dovranno avere specifica destinazione d'uso e dovranno rispettare i requisiti di possedere un determinato numero di parcheggi, servizi, collegamenti infrastrutturali - ha precisato Foroni - ergo, i luoghi di culto oggi abusivi rimangono tali, e per i Comuni rimane intatto l'obbligo di intervenire". Prendendo atto delle criticità evidenziate dai giudici della Consulta l'assessore ha comunque annunciato di essere già al lavoro per studiare "i correttivi normativi".

"Non reputo sia irragionevole la legge regionale - ha poi aggiunto - ma la giungla di luoghi di culto abusivi mascherati da centri culturali".

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