Lombardia, neonatologie rischiano la chiusura: 'Sotto requisiti qualitativi'

Reparti di terapia intensiva neonatale riconvertiti e punti nascita a rischio. La Regione Lombardia mette sotto osservazione i reparti neonatali: non tutti rispettano i requisiti qualitativi

Lombardia, neonatologie rischiano la chiusura: 'Sotto requisiti qualitativi'

Anche nella Lombardia dell'eccellenza sanitaria, per far nascere un bambino bisogna fare attenzione ai reparti dei vari ospedali, perché rispettino le direttive qualitative.

Con il decreto ministeriale 70 del 2015, queste direttive sono state recepite anche in Italia, grazie all'allora ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. La legge stabilisce che la qualità della prestazione viene misurata in base al numero di casi trattati, perché più casi simili vengono affrontati, maggiore sarà l'esperienza del medico in quel campo: "Per numerose attività ospedaliere — si legge nel decreto — sono disponibili prove, documentate dalla revisione sistematica della letteratura scientifica, di associazione tra volumi di attività e migliori esiti delle cure". Come ricorda il Corriere della Sera, per i parti, l'asticella è fissata ad almeno 500 all'anno, mentre per le terapie intensive neonatali a un minimo di 50 neonati all'anno per 8 posti letti. In terapia intensiva vengono ricoverati i bambini nati prematuri, prima della 32esima settimana, che pesano meno di 1.500 grammi. Nel caso in cui i reparti non rispettassero questi parametri, devono essere chiusi o riconvertirti.

Per questo, non ci sarà più la terapia intensiva neonatale a Lodi, al Valduce di Como, a Rho e a Cremona. "In Regione Lombardia sono operativi 18 Terapie intensive neonatali (Tin) con numero di posti letto e casistica trattata (in particolare numero di neonati sotto i 1.500 grammi) molto variabili e spesso non coerenti con gli standard delle normative di riferimento — si legge nella delibera Rete regionale per l’assistenza materno-infantile, citata dal Corriere della SeraIn rapporto ai requisiti previsti per le Tin è necessario procedere a una riorganizzazione, con un numero minore di centri che dovranno essere di dimensioni superiori e attrezzati per l’assistenza ad alta complessità. Le Tin vanno ridotte portandole a 12/14". Le terapie intensive neonatali dei 4 ospedali che non rispettano gli standard verranno riconvertite in terapie neonatali sub-intensive, in cui vengono trattati i casi meno gravi. L'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, ha chiarito che i reparti non verranno chiusi, ma gli verrà attribuita un'altra destinazione, "in relazione alle stringenti indicazioni nazionali e in particolare del decreto ministeriale 70 del 2015".

Secondo i dati sui parti del 2019, visionati in anteprima dal Corriere, sembra che anche 5 punti nascita siano a rischio, perché non avrebbero i requisiti minimi per restare operativi. Si tratterebbe dell'ospedale di Saronno con 484 parti, di Iseo con 440, di Asola, che nel 2019 conterebbe 485 nuovi nati, Voghera con 438 e Broni e Stradella, entrambi con 499 nascite.

Ma Gallera assicura: "Nei 59 punti nascita della Lombardia si partorisce e si viene al mondo con tutti i requisiti di sicurezza necessari".

E precisa: "Le norme nazionali prevedono l'avvio di un approfondimento specifico sui punti nascita qualora vi sia un numero calante di parti, inferiore alla soglia di 500, per tre anni consecutivi. In nessun ospedale della Lombardia, ad oggi, ci sono reparti che presentino contemporaneamente queste caratteristiche".

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica